Angola 2017

 

 

 

 

 

 

 

 

 

02) Dal 28 novembre al 19 dicembre 2017. Km 2’134

Luanda – Quedas do Calandula – Pedras Negras – Dondo – Huambo – Lubango – Fenda da Tundavala – Xangongo – Frontiera Calueque Angola/Namibia Omahenene

Luanda
L’entrata nella capitale ci fa dubitare di essere in Africa: Luanda conta ca. 8 mio. d’abitanti. Gli introiti di alcuni anni fa, derivati dal petrolio, hanno dato un impulso di modernità alla città che sfoggia numerosi e maestosi grattacieli.
Ci rechiamo al “Clube Naval” dove il direttore Bruno ci accoglie molto calorosamente e ci offre gratuitamente i loro servizi. Facciamo un giro sui pontili e costatiamo che questi angolani non scherzano con la potenza dei motori per spingere le loro imbarcazioni! In questa città dobbiamo anche chiedere l’estensione del visto e prolungare anche di un mese il permesso d’importazione temporanea dei nostri veicoli.
Sarebbe troppo lungo raccontare l’odissea per ottenere questi documenti, basti sapere che li abbiamo ricevuti in un tempo record di 3 giorni ma non abbiamo contato le ore passate nei diversi uffici amministrativi. Comunque, specialmente agli uffici doganali, abbiamo incontrato persone che si sono date un gran da fare per aiutarci.
La batteria della nostra moto ci lascia a piedi! Per fortuna conosciamo casualmente Paulo, centauro a cavallo di una grossa BMW. Chiediamo a lui dove possiamo trovare una batteria di ricambio e gentilmente, il giorno dopo, ci accompagna a una quindicina di chilometri di distanza in un grande garage di motocicli. Problema risolto!
Il forte e il museo militare: in questo perimetro sono esposti alcuni veicoli usati nella guerra civile e contro l’esercito chiamato “razzista” del Sudafrica. Numerosi sono anche i veicoli anfibi, e altre macchine da guerra Sudafricane cadute in mano all’esercito angolano capeggiato da Agostinho Neto, del movimento MPLA (Movimento Per la Liberazione dell’Angola).
Dal forte si ha una stupenda vista sulla città da dove si vede un incredibile numero di grattacieli con i lavori interrotti per mancanza di liquidità causata dall’abbassamento del prezzo del petrolio; le gru sono lì, ad aspettare tempi migliori.
In seguito andiamo a visitare il mausoleo dedicato ad Agostinho Neto, dove riposa la sua salma. È un’opera molto bella e moderna, con delle sale ben curate e dove trova spazio anche una biblioteca, un po’ di storia del Paese e numerose statue.

Cascate di Calandula
La strada che ci porta alle cascate è in pessimo stato, la stanno rifacendo e praticamente creano una pista in mezzo ai campi per deviare il traffico ma questo tracciato è veramente orribile e lungo decine di chilometri, con il nostro veicolo dobbiamo percorrerlo ad una velocità di 15/20 km/h.
Al nostro arrivo siamo assaliti da ragazzi che vogliono accompagnarci al “Mirador” e ai piedi della cascata, sono molto insistenti, vogliono guadagnare soldi facili. Pretendevano anche soldi per il parcheggio, è la prima volta che in Angola ci sentiamo così a disagio. Un po’ stizziti scattiamo un paio di foto e poi decidiamo di recarci sulla sponda est.
Percorriamo così i 35 km che separano la sponda ovest da quella est, e arriviamo alla Pousada Calandula. Da qui si gode una vista imprendibile sulle cascate e i proprietari, Lena e Francisco, ci accolgono calorosamente e ci lasciano sostare sul loro parcheggio.
Con un’altezza di caduta di 105 metri, queste cascate sono seconde in Africa solamente alle Victoria. In questo periodo il getto d’acqua non è ancora al massimo ma poco ci manca.

Pungo Andongo Pedras Negras
Questa vasta superficie di monoliti che, incomprensibilmente, spuntano dalla savana per qualche centinaio di metri è molto suggestiva. A piedi raggiungiamo il piccolo gruppuscolo di case, dove vive una sola famiglia, e da lì proseguiamo fino al “Mirador”. Ci raccontano che è tradizione mettere una monetina e coprirla con un mucchietto di pietre, altrimenti si arrischia di soffrire d’insonnia.
Dal Mirador si gode una vista mozzafiato su questi immensi macigni e sul piccolo insediamento fatto di costruzioni dell’epoca coloniale.
Lì incontriamo una coppia, lei, Mandy di Hamburgo ha appena terminato due semestri universitari a Windhoek e sta viaggiando con il suo amico angolano Ottavio, anche lui residente in Namibia. Ridiscendiamo e dallo stabile amministrativo inforchiamo un sentiero dagli arbusti appena tagliati largo 6-7 metri che si snoda tra questi enormi blocchi di pietra che sembrano disposti con un certo ordine. Poco più avanti incrociamo una squadra di tre operai che ci informano che su questo tracciato vogliono costruire una strada perché un gruppo indiano vuole erigere un albergo e delle teleferiche.
Il nostro progetto di fare un po’ di marmellata di banane è andato in fumo: o meglio nella pancia di un animale che, durante la notte, se le è pappate!

Giro di boa: rotta verso il sud (Dondo, Huambo)
A una cinquantina di chilometri da Pedras Negras sorgono, sul fiume Cuanza, due centrali idroelettriche. Ci sarebbe piaciuto visitare quella di Laúca, che è la più grande del paese, ma senza permesso non è stato possibile.
Il centro dell’Angola non offre molte attrazioni turistiche, per cui il nostro obiettivo è di percorrere questi 2000 km godendo dei panorami che offrono le savane, cercando di utilizzare le strade migliori che offre il Paese.
Purtroppo, nonostante la scelta oculata, ci sono tratti che sembrano bombardati di recente, con un numero indescrivibile di buche. Talvolta si procede a zig-zag; ma in alcune parti, la strada è talmente dissestata che nelle buche bisogna entrarci per forza e a volte sono profonde oltre 20 cm.

Lubango, Fenda da Tundavala e dogana di Caluegue
In Malawi abbiamo conosciuto una coppia di svizzeri tedeschi, Gabi e Peter (www.pegasus-unterwegs.ch) che viaggiano con un veicolo molto più grande del nostro, anche loro vogliono visitare l’Angola, ma mentre loro sono appena entrati nel Paese, noi stiamo invece apprestandoci ad uscire. Ci diamo appuntamento a Fenda da Tundavala in modo di passare un po’ di tempo in loro compagnia e scambiarci informazioni utili di viaggio.
Neanche farlo apposta, al nostro arrivo sul Plateau, troviamo anche una coppia del canton Nidwaldo, Ruth e Walter (www.reisevirus.info), sono in viaggio, con qualche interruzione, dal 2009. Fa sempre piacere incontrare altri viaggiatori e così passiamo qualche giorno in buona compagnia come se fossimo in un raduno svizzero di montagna.
Cambio valuta e diesel: normalmente il cambio al mercato nero è leggermente più conveniente, ma in Angola la differenza è enorme. Agli uffici cambio ufficiali, per 1 USD ti danno circa 2’200 Kwanza. In strada si arriva a riceverne 4’000.- Ma sembra che pur essendo proibito cambiare in strada, quest’andazzo sia accettato e siano addirittura le banche che ricambiano a tassi particolari ai cambiamonete. Chiaramente, in questo modo, con un tasso di cambio artificialmente mantenuto alto, la loro valuta è più forte negli acquisti all’importazione.
Lasciamo Lubango con l’intenzione di fare il pieno di carburante. Il gasolio in Angola costa poco; se si cambiano i soldi al mercato nero 1 litro costa circa Fr. -.35. Il problema è che i distributori, molto spesso, rimangono senza carburante; qualcuno afferma che non ci sono soldi per l’acquisto. Fatto sta che solo dopo ca. 300 km troviamo un distributore con una lunga fila di veicoli in attesa, dove un’autocisterna sta scaricando il carburante. Dopo due ore e mezzo eccoci alla pompa, il benzinaio ci dice che ne può fare solo 150 litri ma a noi ne servono più di 500. Siamo in Africa e così, per giocare con le loro stesse carte, gli promettiamo una buona mancia e otteniamo 300 litri. Passiamo la notte nell’area di servizio e al mattino riusciamo ancora a fare 172 litri.
Scegliamo di uscire dall’Angola passando per il piccolo valico doganale di Calueque, e così percorriamo gli ultimi 100 chilometri su una pista che costeggia il fiume Cunene dove enormi baobab fanno da cornice.
I disbrighi doganali sono velocissimi, e così in un’oretta siamo su suolo namibiano.

01) Dal 4 al 28 novembre 2017. Km 2’327

Frontiera Namibia/Angola, Oshikango/St. Clara – Lubango – Fenda da Tundavala – Serra da Leba Pass – Namibe – Tombua (Porto Alexander) – Parque National do Iona – Baias das Pipas  – Praia das Salinas – Lucira – Meva – Cabo de Santa Maria – Binga Bay – Cabo Cotinha – Benguela – Lobito – Sume – Uku – Gabela – Quedas do Binga – Porto Amboim – Cabo Ledo – Luanda

Siamo in dogana, armati di buona pazienza: è così che si deve fare in Africa! Sono le 12,25, ci chiediamo a che ora usciremo e se andrà tutto liscio. Naturalmente un ragazzo si è subito aggregato a noi per aiutarci nelle pratiche, anche se gli diciamo che possiamo fare da soli, lui non molla.
In mezzoretta abbiamo sbrigato le pratiche d’uscita dalla Namibia, per l’Angola è tutta un’altra storia!

  • Al primo sportello, il doganiere vuole una lettera d’invito. Insistiamo sul fatto che se abbiamo il visto, la lettera non è più necessaria e che comunque l’hanno tenuta all’ambasciata angolana in Svizzera; alla fine si convince e ci fa il timbro.
  • Compiliamo il formulario di Importazione temporanea del veicolo, allegando la foto a colori e varie copie.
  • Dopo aver presentato tutti i documenti, e pagato le modeste tasse per l’importazione temporanea (ca. Fr 16.- x camion e moto), ci dicono che manca il capo e fino a domani non viene, ma che se paghiamo qualcosa possiamo passare. Gli abbiamo detto che noi non avevamo fretta e che potevamo tranquillamente passare la notte lì, e che in nessun caso avremmo favorito la corruzione. Dopo quindici minuti hanno fatto l’ispezione accurata del veicolo aprendo tutti i cassetti.
  • Alle 15h45 passiamo il valico e tiriamo indietro le lancette dell’orologio di un’ora, dunque come da noi con l’ora solare.

Imbocchiamo la bella strada asfaltata in direzione di Lubango; il paesaggio è poco interessante ma i numerosi e maestosi baobab con un’aria pacifica, ci infondono  tranquillità.
Alcune carcasse di veicoli utilizzati durante la guerra attirano la nostra attenzione.

Lubango, Fenda da Tundavala e Leba Pass
Attraversiamo la città, la cui periferia è una delle più sporche che abbiamo visto durante i nostri viaggi, e ci rechiamo sulla collina da dove si gode una bella veduta della città. Qui sorge una copia della statua di Cristo Rei (l’originale, più grande e famosa, si trova a Rio de Janeiro in Brasile). Anche sulla statua si possono vedere chiaramente i segni delle pallottole.
Nell’attraversare la città, un poliziotto ci ferma: vuole darci la multa poiché i camion superiori di 3.5t possono attraversare la città solo dopo le 17h00. Naturalmente ci siamo rifiutati di pagare siccome il divieto non dovrebbe valere per i camper (almeno così è da noi) e abbiamo detto che volevamo parlare con il comandante, dopo avergli dato un passaggio fino al comando e una “Sprite”, non ha più fatto obiezioni e abbiamo potuto continuare.
Da Lubango saliamo qualche chilometro per rifugiarci sull’altopiano di Tundavala, a poco meno di 2300 m.s.m. ma non senza fermarci prima nel negozio-bar “Le Chalet”, gestito da una coppia svizzera francese che purtroppo non era presente, lì vendono i loro prodotti caseari.
La strada termina su uno spiazzo da dove si apre un bellissimo canyon: è impressionante, soprattutto se si pensa che durante il periodo di guerra, i dissidenti politici erano obbligati a gettarsi nel precipizio.
Anche gli angolani hanno la loro Tremola, e si chiama Serra da Leba Pass. Purtroppo su questa strada capitano numerosi incidenti con i veicoli pesanti. Il percorso è molto panoramico e gradualmente scendiamo al livello del mare per inoltrarci nel deserto del Namibe.

 Namibe città e deserto e Tombua (Porto Alexander)
Nell’accogliente cittadina di Namibe vorremmo prolungare il nostro visto di 30 giorni. Purtroppo ci dicono che si può fare solo 5 giorni prima della scadenza, sia il poliziotto che ci ha accompagnato sia il personale  dell’ufficio immigrazione sono molto gentili.
Passiamo la notte in un cosiddetto campeggio e… sorpresa! entrando nella piazzola, ecco che il Nimbus sprofonda nella sabbia e dunque dobbiamo abbassare la pressione delle gomme e spalare. Dopo un’ora e mezza ci prendiamo la soddisfazione di bere un buon bianchino.
Proseguiamo lungo la costa dell’Atlantico in direzione sud.
Abbandoniamo la strada asfaltata e scendiamo sul letto di un canyon per raggiungere il luogo dove giace una conformazione rocciosa che forma un doppio arco al bordo di una vasta pianura. Normalmente nella stagione delle piogge si dovrebbe allagare, ma ormai da sei anni non succede più. A farci da guida è un abitante del posto.
Andiamo a Tombua, la cittadina più a sud della costa angolana. Oggi, 11 novembre, è la festa dell’Indipendenza dell’Angola, dichiarata nel 1975. La strada maestra è transennata per l’occasione, un grande assembramento di persone assiste alla cerimonia che comprende una messa cattolica e diversi gruppi che si esibiscono nei loro balli folcloristici.
Per le viuzze della città è incredibile vedere quante costruzioni risalenti al periodo della colonizzazione portoghese sono in uno stato fatiscente. Questa cittadina, nei tempi passati e grazie all’industria della pesca, era molto ricca ma poi, a causa delle guerre e dello sfruttamento dei pozzi petroliferi in altre regioni, ha perso d’importanza. Siccome ora il prezzo del greggio è sceso, l’industria della pesca è tornata a essere importante e la cittadina, pian piano, ne sta beneficiando.

Parque National do Iona
Risaliamo a nord e decidiamo di rituffarci nel deserto del Namibe e quindi prendiamo la pista in direzione Parque National do Iona. Ci addentriamo per ca. 25 chilometri e rimaniamo ammagliati dalla bellezza e dai colori delle conformazioni rocciose che formano dei grandi canyon. Sarebbe stato bello continuare, ma da quello che abbiamo letto, la pista poi diventa molto brutta e il pericolo di tagliare le gomme è molto elevato.

Baias das Pipas, Praia das Salinas, São Nicolau
Su una pista raggiungiamo Baias das Pipas dove vi sono parecchie case di vacanza ed è abitata da alcuni pescatori e da personale di guardia e di manutenzione. Seguiamo la pista lungo il mare e arriviamo nella più isolata Praia das Salinas.
Riprendiamo la strada asfaltata e all’imbrunire ci fermiamo nelle vicinanze di Sao Nicolau. Ci sistemiamo a bordo mare, con rocce stupende di color rossastro che ci fanno da cornice.

Lucira
Un paesello che vive di pesca. Al nostro arrivo siamo assaliti da gioiosi ragazzini; qui non capita spesso di vedere dei turisti e perciò per loro è un avvenimento.
Lasciamo la cittadina poiché preferiamo dei luoghi più appartati. Peccato non parlare il portoghese e poter comunicare meglio con loro.

Meva, Cabo de Santa Maria e Binga Bay
Tra Lucira a Meva ci sono una settantina di chilometri di sterrato, a volte decente a volte da affrontare molto lentamente. Per percorrerli ci abbiamo impiegato ca. 4 ore.
Per raggiungere Meva ci tuffiamo di nuovo in un bellissimo canyon che porta al piccolo villaggio di pescatori dove ci rilassiamo per qualche giorno e da dove vediamo passare una balena. L’ultima sera ci spostiamo sul Plateau, con vista imprendibile sul Cabo di Santa Maria e sull’omonimo e povero villaggio di pescatori. La mattina seguente passa una signora che abita nel villaggio e ne approfittiamo per fare qualche chiacchiera.
Da una splendida baia all’altra … ed eccoci arrivati, dopo una ripida discesa con una pendenza del 33%, a Binga Bay. In questa bellissima spiaggia le tartarughe vengono a depositare le uova e anche qui trascorriamo un paio di giorni.

Cabo Cotinha
Percorriamo la settantina di chilometri su una strada a tratti molto, ma molto dissestata: è una di quelle strade lasciate in questo stato perché il governo è rimasto senza soldi per pagare gli operai e il materiale necessario alla costruzione dei ponti, e così i cinesi (che stavano costruendo la nuova strada asfaltata) hanno incrociato le braccia.
Passiamo Domo grande, una cittadina attraversata da un fiume e con un terreno molto fertile, dove ne approfittiamo per acquistare manghi, avocado, papaya, banane e patate dolci, un’oasi verde in pieno fermento, dove c’è acqua c’è vita!
Prendiamo poi il bivio per la blasonata Baya Azul, rimaniamo delusi, il fronte mare è tutto parcellato e fabbricato.  Attraversiamo Caota, una cittadina di pescatori e operai di un’impresa di pesce surgelato e saliamo a Cabo Caotinha da dove si gode una magnifica vista sull’enorme scogliera. Molte delle belle ville di vacanza d’un tempo, ora sono fatiscenti, la crisi ha lasciato le sue conseguenze. Sul Cabo incontriamo Arend e Akkie, una coppia di olandesi che stanno percorrendo l’Africa da nord a sud, passando dalla costa ovest. Oltre che ad essere piacevoli, quest’incontri sono anche importanti e interessanti per scambiare informazioni di viaggio.

Benguela e Lobito
A Benguela, per non aver le solite discussioni sulle limitazioni di peso delle 3,5t., l’attraversiamo rinunciando purtroppo al centro e al lungomare.
A Lobito andiamo all’ufficio immigrazione dove però ci dicono che per prolungare il visto bisogna andare a Benguela, che vorrebbe dire ritornare sui propri passi, l’idea non ci piace.

Verso Sumbe e la grotta di Sassa
Siccome stanno rifacendo parte del manto stradale tra Lobito e Sumbe, vi sono tratti con la corsia strettissima, dove la strada finisce con un avvallamento di almeno 50 cm. Tante e anche lunghe le deviazioni su piste sconnesse e un’ennesima buca è quella di troppo per il nostro Nimbus: una centina che teneva il serbatoio si è rotta. Con una cinghia a cricchetto facciamo una riparazione di fortuna.
All’entrata della città di Sumbe prendiamo la strada verso est e dopo una quindicina di chilometri parcheggiamo il Nimbus al bivio per le Sassa Caves. Accompagnati da un paio di bambini raggiungiamo a piedi (ca 2 km) questa grotta enorme e caratterizzata dalla presenza di una grande colonia di pipistrelli e sul terreno da strani insetti.

Verso Uku e Gabela
Ci rimettiamo in viaggio e percorriamo la bella e panoramica strada verso la montagna. Man mano che si sale la vegetazione cambia e diventa più verde e tropicale e anche la pioggia fa la sua apparizione. Visitiamo Uku, una volta una fiorente cittadina portoghese nota per le piantagioni di caffè e ora lasciata in balia di sé stessa, medesima sorte per Gabela. L’Angola, al tempo della colonizzazione portoghese, era il terzo produttore al mondo di caffè, coltivazioni che hanno contribuito nei tempi passati al benessere di questa regione.
Sorgenti di acqua calda: sulla strada per Gabela, ecco apparire le hot springs di Tacota, l’acqua è bella calda, ma non sentiamo l’esigenza di entrare e quindi proseguiamo.

Quedas do Binga – Porto Amboim – Cabo Ledo
Prima di riprendere la strada costiera verso nord, ci fermiamo ancora alle belle cascate do Binga, che sono tra le più maestose in Africa.
Porto Amboin, dove l’acqua delle cascate Binga sfocia nel mare, è una polverosa cittadina portuale che rinunciamo a visitare per raggiungere la bella Surf Beach di Cabo Ledo, dove scopriamo con piacere che stanno creando una riserva per le tartarughe.
Ci sistemiamo poco più a nord, al lodge Carpe Diem, dove il manager portoghese Daniel e il suo staff ci accolgono calorosamente.
Nel tardo pomeriggio andiamo con Daniel di nuovo alla spiaggia del surfista, a vedere quello che sarà un nuovo e bello Eco-lodge con una stupenda vista sulla baia, sempre dello stesso proprietario del Carpe Diem. Scopriamo che anche la creazione della riserva è opera loro.
Sulla strada costiera che porta a Luanda ci fermiamo ad ammirare una bellissima conformazione di rocce.

Paederus Story