Colombia 2020 – parte 2 – Covid-19

Dal 17 marzo al 19 giugno 2020 km 379

Palomino – Santa Marta – Puerto Velero – Cartagena de Indias – Puerto Bahia

Con un mesetto di ritardo rispetto all’Italia e alla Svizzera, come purtroppo era prevedibile, il Covid-19 arriva anche in Sudamerica. Ad eccezione di Brasile e Cile, tutti gli altri paesi hanno tempestivamente annunciato il “Lockdown” e alcune province colombiane hanno addirittura preceduto lo stop decretato dal Presidente Duque previsto a partire dal 25 marzo 2020. Il campeggio in cui ci troviamo, si trova nel distretto di Magdalena ma visto che dista solo un paio di chilometri da Palomino adotta le regole (non scritte) del distretto di La Guaijra che impone il Lockdown a partire dal 17 marzo 2020.

78 giorni al campeggio Bernabé
Con il confinamento il campeggio si trasforma in una piccola comunità formata dalla proprietaria Ilse con i figli Juan David e Ilse junior (la figlia primogenita Maria Josè studia all’università di Santa Marta e quindi poco presente; i tre operai Goyo, Abel e Dague; le due coppie di turisti: Hilly & Steve sono di origine inglese ma abitano in Florida e Luisa & Martin, lei francese e lui spagnolo conosciutisi a Santiago del Cile dove lavoravano.
Inoltre, ci fanno compagnia i due simpatici cagnolini Egger e Ringo; Copetin: pulcino di pappagallino “Perico verde de la costa” e Nino, della stessa specie, arrivato durante il nostro soggiorno con un’ala spezzata. Marcano la loro presenza anche due coniglietti bianchi.

Le regole del confinamento qui le impongono i paramilitari: un gruppo di persone armate con una scala gerarchica ben definita che detta legge, nel bene e nel male. Tutto dev’essere sotto il loro controllo. I paramilitari non vogliono vedere turisti in giro per le strade, i locali sono dell’opinione che gli stranieri siano gli untori. Per questo motivo possiamo passeggiare sulla lunga spiaggia ma non uscire sulla strada che porta al paese. Diamo la lista della spesa a Ilse e Goyo che con la moto vanno in paese a fare gli acquisti. Dopo qualche settimana, neanche loro si sentono più sicuri, per cui si ordina direttamente al negozio che provvede alla consegna a domicilio.

Siccome i cambiamenti climatici non risparmiano neppure questa regione, la stagione secca si è allungata e le piogge sono iniziate, fortunatamente per noi, soltanto a metà maggio (con un mese e mezzo di ritardo). Questo significa che per i primi due mesi non vediamo zanzare o altri insetti fastidiosi, il clima per noi è perfetto: di giorno sui 30-32°C, con una bella brezza e di notte sui 27°C. Situato vicino all’equatore, il sole sorge verso le 6 e tramonta 12 ore più tardi.

A pensare di trascorrere 78 giorni confinati verrebbe da immaginarsi una grande noia, specialmente per chi è abituato a viaggiare. Invece, con nostro stupore, tutti i giorni trascorrono velocemente e i rapporti all’interno della nostra comunità diventano sempre più profondi.
La nostra giornata tipo? Sveglia alle 6.30, un’oretta di ginnastica per Renato e poi con Gloria e i due cani una lunga passeggiata sulla spiaggia seguita da una bella colazione. Poi raccogliamo la frutta biologica per i nostri esperimenti culinari; oltre alle piante di cocco che molto generosamente lasciano cadere i loro frutti – a volte con il rischio di prenderli in testa – c’è un’abbondanza di manghi, pompelmi, carambole, guanàbana, e nispero. Anche la trasformazione di questi prodotti in torte, biscotti, marmellate e piatti tipici richiede parecchio tempo, soprattutto se l’ingrediente è il cocco (aprire la noce, per chi non l’ha mai fatto, è un’impresa impegnativa). Durante la giornata non mancano i lavoretti d’ufficio, di pulizia e manutenzione del camper, qualche chiacchiera e un po’ di lettura. In serata un’altra passeggiata con i cani e qualche volta una cena in compagnia.

Gli ultimi quindici giorni il clima non è più così favorevole, si è fatto molto umido e ogni giorno si assiste ad un’invasione d’insetti diversi (formiche nere, rosse, grandi, piccole, maggiolini e “bao” a noi sconosciuti).

In concomitanza con il cambiamento del clima ci giunge la notizia che il porto di Cartagena riaprirà per le navi Ro-Ro e quindi riserviamo un posto per il Nimbus sulla nave “Tongala” che dovrebbe salpare verso l’11 giugno per Panama e da lì, con un altro vascello, per Bremerhaven.
Ci sono voluti un paio di giorni per trovare un biglietto aereo per il nostro rientro e siccome i voli per l’Europa da Cartagena sono sospesi, riserviamo un volo umanitario USA per la tratta Cartagena-Fort Lauderdale-New York. Siccome anche nella città della grande mela i casi di contagio iniziano a salire velocemente, così come i prezzi dei voli verso l’Europa, decidiamo di metterci in lista d’attesa per un volo umanitario organizzato da un qualsiasi paese europeo.
A questo punto riserviamo per qualche giorno una casetta tipica nel centro storico di Cartagena, giusto il tempo per organizzare il nostro rimpatrio.
Il martedì 2 giugno 2020 salutiamo tutti gli amici del campeggio e con i documenti per l’imbarco del Nimbus, che sono il nostro lasciapassare, ci dirigiamo verso Cartagena.

Facciamo una prima tappa a Santa Maria dove veniamo ospitati dall’amico di Maria Josè, in seguito ci fermiamo due notti a Puerto Velero poiché ci hanno avvisato che la nave salperà con un giorno di ritardo. Mentre eravamo pronti per ripartire ci fa visita la polizia locale dicendo che tutta la zona è chiusa.

Arrivati a Cartagena sbrighiamo le faccende burocratiche, puliamo il nostro camper e lo prepariamo per l’imbarco.
La consegna del Nimbus avviene a Puerto Bahia il 9 giugno alle 8 di mattina ed è sottoposta ad un controllo accurato da parte della polizia antidroga: bisogna togliere tutto quanto è stivato nei gavoni e metterlo in bella mostra sul terreno. Dopo il meticoloso controllo fatto dall’agente di polizia, arriva il cane che annusa dappertutto. I veicoli da imbarcare sono cinque e fino a quando non è completata la perquisizione di tutti i camper (15h00), nessuno può lasciare il porto. Inoltre, si dev’essere reperibili in città fintanto che la nave non ha lasciato il porto. 

Cartagena è praticamente deserta, c’è il coprifuoco e non si può uscire neanche di giorno, si può farlo solo quando l’ultima cifra del tuo documento corrisponde al numero assegnato a quel giorno. Siccome noi siamo stranieri in procinto di essere rimpatriati siamo sempre usciti insieme. La bellezza e la tranquillità della casa ci rendono il soggiorno molto piacevole.
L’Ambasciata Svizzera ci comunica che possiamo prendere il volo umanitario del 17 giugno Bogotà-Vienna. Decidiamo quindi di rinunciare al volo prenotato e già pagato per gli USA, per confermare quest’ultimo.  Ora il problema è come arrivare a Bogotà: gli autobus non possono viaggiare per il lockdown, gli autonoleggi chiusi per lo stesso motivo, ferrovia inesistente e i voli aerei sospesi. Dopo tanto cercare però troviamo una compagnia di autobus che ha potuto organizzare una corsa speciale verso la capitale per passeggeri che dovevano andarci per motivi inderogabili e impellenti. Diciotto ore di bus non-stop! Arrivati a Bogotà piuttosto acciaccati, infreddoliti, stanchi e assonnati, dopo un po’ di relax in una camera di un alberghetto, prendiamo il volo per Vienna. Lì noleggiamo un’auto per rientrare al nostro domicilio poiché i collegamenti aerei con Milano sono sospesi per l’emergenza Covid-19.

Al 19 giugno, finalmente arriviamo a Bellinzona!