Botswana 2018

Dall’11 febbraio al 1 marzo 2018. Km 2’036

Frontiera Namibia/Sudafrica/Botswana Mata-Mata e Tween Rivieren (Kgalagadi Transfrontier Park) – Kanye – Gabane – Gaborone – Old PalapyeSerowe – Francistown – Frontiera Ramokwebane Botswana/ Plumtree Zimbabwe

 

Kgalagadi Transfrontier Park
Nel 2000 il parco nazionale del Mabuasehube-Gemsbok del Botswana fu unito al Kalahari-Gemsbok NP del Sudafrica formando il Kgalagadi Tranfrontier. Ne risulta dunque un vasto parco che è una delle regioni più grandi e incontaminate del continente, condiviso da queste due nazioni. Ragion per cui, alla frontiera tra la Namibia ed il parco, le autorità timbrano sul passaporto l’uscita dal Paese ma non l’entrata nell’altro.
A differenza di altri parchi, il terreno piuttosto pianeggiante e spoglio, dà la possibilità di scorgere più facilmente gli animali. In totale in tre giorni percorriamo nel parco poco più di 300 km con un gran numero di avvistamenti tra uccelli e animali. Assistiamo a delle belle dinamiche di gruppo, sia tra gli impala che tra gli orici e gli gnu. Anche uno sciacallo che sbrana una preda, probabilmente rubata all’aquila, ci trattiene incollati al cannocchiale per parecchio tempo. Il momento più emozionante è la visita di un ghepardo che rimane attorno al nostro Nimbus per un buon quarto d’ora. Anche nel campeggio però, l’interazione con gli scoiattoli ci regala dei bei momenti indimenticabili.

Kanye – Gabane – Gaborone – Old Palapye – Motetane Gorge
Lasciato il Kgalagadi Transfontier Park, e registrata l’entrata in Botswana, ci dirigiamo verso lo Zimbabwe. Per raggiungere questo paese attraversiamo il sud del Botswana; sono parecchi chilometri, la strada non è panoramica ma neanche noiosa. La guida ci segnala alcuni punti d’interesse sul percorso ma parecchi non esistono più.
Nei pressi di Gabane visitiamo il Memorial dedicato a David Livingstone che è uno dei pochi esploratori amato anche dagli africani. Nato il 19 marzo 1813 nelle campagne della Scozia meridionale, terminati gli studi in medicina, lavorò qualche anno a Londra prima di essere ordinato missionario nel 1840. L’anno seguente giunse in quella terra che oggi è il Botswana con la missione di convertire i nativi al cristianesimo e far cessare il commercio degli schiavi. A Kuruman Livingstone conobbe Kgosi Sechele, capo tribù dei Bakwena che governò dal 1831 fino alla sua morte nel 1892. Sechele era un leader visionario che contribuì a fondare il nuovo stato del Botswana. Livingstone lo convertì al cristianesimo, e gli insegnò a leggere e scrivere. Insieme decisero di fondare una missione a Kolobeng, dove si trova il Memorial (ca. 20 km a ovest di Gaborone). In questo nuovo insediamento, Livingstone visse dal 1847 per qualche anno con la sua famiglia. Qui la moglie diede alla luce una bimba che purtroppo morì dopo appena sei settimane. Negli anni successivi Livingstone esplorò varie zone dell’Africa interna allo scopo di aprire nuove vie commerciali e fondare delle missioni. Durante la navigazione esplorativa sul fiume Zambezi, Livingstone fu il primo europeo a scoprire le immense cascate che gli indigeni chiamavano “Mosi-oa-Tunya”, il fumo che rimbomba. In onore della regina, Livingstone le ribattezzò in cascate Victoria.  Dopo un soggiorno in Inghilterra, l’esploratore missionario ritornò in Africa nel 1858 a capo della Zambezi Expedition che si proponeva di trovare giacimenti di risorse naturali e rotte fluviali commerciali sullo Zambezi. La spedizione fallì poiché un tratto del fiume, ancora inesplorato, non risultò navigabile. Determinato a trovare le sorgenti del Nilo, Livingstone giunse al lago Tanganika nel 1869, il suo pessimo stato di salute lo condusse alla morte per malaria, dissenteria e febbre gialla il 1° maggio 1873 nei pressi del lago Bangweula, situato nell’odierna Zambia.
Gaborone, la capitale del Botswana, come molte città d’Africa, non offre grandi attrazioni, essenzialmente è un agglomerato assai moderno di ministeri e centri commerciali con un’ampia distesa di quartieri periferici.
A Malaka chiediamo il permesso per entrare nelle Tswapong Hills, o meglio nel parco dove fu fondata la Old Palapye che era l’antica capitale dell’etnia bangwato. Nel 1889 il capo Khama III con la sua tribù fondò questa cittadina che raggiunse i 30’000 abitanti. La costruzione che ha retto meglio il passare degli anni, sono le mura dell’antica chiesa in stile gotico che fu fatta costruire con mattoni di fango rosso della zona dalla London Missionary Society e inaugurata nel 1894. A causa della scarsità d’acqua che offriva la zona, Khama III nel 1902 abbandonò Palapye per trasferirsi con la sua tribù a Serowe.
Le Motetane Gorge sono situate nella stessa area, alle pendici delle Tswapong Hills. Lungo il sentiero ci sono dei siti ancestrali, dove i locali vanno a pregare i loro antenati. Dopo una ventina di minuti di cammino, il sentiero termina a una piccola cascata, dove i credenti si bagnano per purificarsi. Abbiamo la fortuna di fare la camminata con un gruppetto di persone andate lì proprio per pregare.
Attraversiamo le Tswapong Hills da sud a nord per visitare le Moremi Gorge. Purtroppo però a causa del cattivo tempo le escursioni sono sospese.

Serowe – Khama Rhino Sanctuary – Francistown
A Serowe, ossia il luogo dove nel 1902 si trasferì Khama III con la sua tribù, visitiamo il Khama III Memorial Mueseum che illustra la storia della famiglia Khama, una delle più importanti dinastie d’Africa. Oltre a un gran numero di fotografie che riprendono anche l’etnia dei san che vivevano nella zona prima dei bangwato, sono esposti gli utensili di casa e le armi da caccia.
Volevamo visitare il Kama Rhino Sanctuary, ma ci dicono che con il Nimbus non è possibile fare i game drive e che, anche andando con loro, sarebbe stato comunque difficile vedere gli animali poiché quando piove e fa freddo rimangono nascosti.
Per Raggiungere Francistown percorriamo una strada secondaria non asfaltata di una cinquantina di chilometri; anche se piove da oltre una settimana e le condizioni della strada poco buone, noi ci proviamo. In alcuni tratti il terreno ha assorbito l’acqua, in altri sembra d’essere in un lago, e altri ancora molto melmosi. La nostra fortuna ha però un limite, e rimaniamo bloccati nella melma. Il fango è durissimo e impieghiamo 1h15 per uscire. In parecchie altre fangaie invece, siamo riusciti a uscire con qualche manovra di retromarcia. Riguadagnata la strada asfaltata, proseguiamo spediti verso nord. Cerchiamo uno spiazzo per trascorrere la notte al bordo del lago artificiale Shashe bridge, ma la strada termina all’ingresso del sedime della centrale elettrica. Non possiamo entrare, allora ci allontaniamo di qualche centinaio di metri dall’abitato e ci accampiamo a bordo strada. All’indomani ci fa visita un gruppo di sei agenti della polizia municipale con tanto di manganello e manette. Ci chiedono per quale motivo siamo lì. Soddisfatti della nostra risposta, ci augurano buon viaggio con un grande sorriso!
Raggiungiamo Francistown, la seconda città per dimensioni del Botswana e un centro regionale commerciale per la zona; infatti, è costellato di negozi d’ogni genere. Questa città si sviluppò nel 1867, quando s’innescò la prima corsa all’oro dell’Africa lungo il fiume Tati. Proseguendo, dopo un centinaio di chilometri lasciamo la provincia del North-East per passare il confine con lo Zimbabwe.