Argentina 2019 – 2a parte

Dall’1 maggio al 16 maggio 2019. Km 1’785

Paso San Francisco – Fiambalá – El Puesto – Tinogasta – El Shincal – Belen – Pucarà di Quilmes – Quebrada del Río de las Conchas – Cafayate – Valle Calchaquies – Estancia Colomé – Molinos – Cachi – Parque Nacional Los Cardones – Cuesta del Obispo – Salta – San Salvador de Jujuy – Quebrada de Humahuaca – Maimará – Uquia – Humahuaca – Hornocal – Pumamarca – Cuesta de Lipán – Salinas Grandes – Paso Jama – Frontiera Argentina/Cile

Scendiamo il versante argentino del Paso San Francisco, la strada è contornata da montagne e vulcani stupendi, facciamo una camminata nel Cañon El Indio dove troviamo due signore di Buenos Aires che ci raccontano dei disagi e delle paure che questa ennesima crisi economica argentina crea nelle persone, specialmente a Buenos Aires, dove i negozi chiudono e i posti di lavoro diminuiscono. Dopo cinque giorni immersi nella natura di alta montagna raggiungiamo la piacevole cittadina di Fiambalá.
Facciamo una passeggiata nel piccolo villaggio di El Puesto dove sono molte le case antiche in adobe lasciate a sé stesse. Questi paesini semi abbandonati saranno una constante del nostro itinerario nel nord dell’Argentina. Ci fermiamo poi nella bella piazza di Tinogasta dove ci concediamo un enorme gelato.
Ci rimettiamo in marcia e ci fermiamo al sito archeologico El Shincal che appartiene all’omonima comunità aborigena. Ci viene spiegato che quando gli inca arrivarono in questo luogo portarono con sé le conoscenze e così l’antico insediamento ha tutte le caratteristiche di un villaggio inca.
A Belen è d’obbligo la visita al Pucarà di Quilmes. Questo sito archeologico, appartenente agli indio Quilmes, è il meglio conservato dell’Argentina e rende facile immaginarsi com’era organizzato 500 anni fa. Fondato ca. nel 1000 d.C., era un imponente insediamento urbano che contava ben 5’000 abitanti. Gli indio Quilmes sopravvissero al contatto con gli inca che avvenne a partire dal 1480, i nuovi arrivati portarono una tecnica costruttiva più avanzata. I Quilmes non riuscirono però a resistere ai colonizzatori spagnoli che nel 1667 deportarono le ultime due migliaia di indio a Buenos Aires.

Proseguiamo verso la Quebrada del Río de las Conchas e, anche se il sole sta per calare, possiamo apprezzare questo paesaggio i cui fiumi che scendono dalle Ande hanno scavato profondi canyon nell’arida terra, portando alla luce gli strati multicolori. Il giorno seguente, con il sole bello alto, percorriamo verso nord questo magnifico tratto di strada. Prima tappa Yesera da dove il bellissimo sentiero Los Estratos ci porta su delle formazioni rocciose dai colori verdi, rosa, marroni e beige. Sullo sfondo si può ammirare una montagna blu cobalto. Ritornati sul Nimbus, dopo pochi chilometri saliamo a piedi sul Mirador Tres Cruces, da dove si ammira un bel panorama. Prossima tappa, El Anfiteatro, la Garganta del Diablo e il rospo.
Con ancora questi bei colori negli occhi ci spostiamo a Cafayate, cittadina nota soprattutto per la produzione di vini di qualità. Visitiamo il Museo del Vino che, anche se molto tecnologico, non ci entusiasma. Più interessante è la visita della bodega El Porvenir che Karina e Guillermo, una simpatica coppia argentina conosciuta in Patagonia, ci ha consigliato.
Imbocchiamo la Valle Calchaquies, diretti alla cantina Colomè. Attraversiamo minuscoli paesini polverosi con modeste costruzioni in adobe e carcasse di vetture abbandonate, poi entriamo nella bellissima regione della Quebrada de las Flechas. Questi massi rocciosi, di forma obliqua, esposti all’erosione della forza del vento e dell’acqua, hanno preso le sembianze di punte di frecce. Raggiungiamo l’Estancia Colomé e a darci il benvenuto c’è uno stormo di pappagallini “Loro”. Questa azienda vinicola, situata a 2300 m s.l.m., è di proprietà dello svizzero Donald Hess e comprende pure un ristorante, un albergo e un museo/galleria d’arte. Pranziamo nell’ottimo ristorante e al pomeriggio partecipiamo al tour per la visita del museo James Turrell: questo artista, classe 1943, crea dei giochi di luce; le sensazioni di spazio e percezione sono di grande impatto emotivo. Le sei sale ci lasciano stupefatti. A seguire, la degustazione di 3 vini d’altura di ottima qualità.

Ritorniamo a Molinos (zona fertile per la coltivazione di peperoncini) e continuiamo sulla R40 in un percorso sinuoso fino al bel paesino di Cachi. Qui le case in adobe e in stile coloniale sono tutte rinnovate e i turisti non mancano. Dopo una breve visita ritorniamo sui nostri passi e imbocchiamo una strada che si snoda dapprima lungo una distesa di cactus candelabro e poi entra nel Parque Nacional Los Cardones (Cardón è appunto il nome del cactus) dove vi sono pure rocce colorate e ruscelli in secca. Sulla Cuesta del Obispo il paesaggio che dovrebbe essere molto scenografico è ricoperto di nebbia, brina e nevischio. Dall’altra parte del passo la vallata si presenta con qualche raggio di sole e piano piano i cactus vengono sostituiti dagli alberi. Raggiungiamo Salta in serata. Il centro pullula di gente, ammiriamo i bei palazzi coloniali e la bellissima cattedrale ottocentesca. La Iglesia San Francisco, dai colori vivaci e ben illuminata, sembra uscita da un film. Il tempo stringe e alla mattina ripartiamo.

Arriviamo a San Salvador de Jujuy con qualche deviazione, infatti, la R9 che va verso nord è molto stretta e tortuosa e ha una limitazione per i veicoli di lunghezza maggiore di 7 m. Anche qui vediamo distese gialle di fiori Tithonia tubaeformis, che nonostante la loro bellezza, dal 1983 è considerata una pianta invasiva. La tranquilla Jujuy, ubicata a 1200 m s.l.m., fu fondata dagli spagnoli nel 1592 come base di smercio di generi alimentari per i lavoratori delle miniere; il trasporto delle merci avveniva con i muli. La cittadina non offre granché però è molto frequentata dai turisti, poiché proseguendo verso nord inizia la coloratissima Quebrada de Humahuaca, che noi percorriamo con la luce del tardo pomeriggio. Sul percorso tanti piccoli e pittoreschi villaggi di contadini abitati da popolazioni Quechua. A Maimará ci fermiamo a scattare qualche foto alla collina nota come La Paleta del Pintor (tavolozza del pittore) che fa anche da sfondo al cimitero. Proseguiamo fino a Uquia da dove percorriamo un chilometro di pista che ci porta all’inizio del sentiero della Quebrada de las Señoritas. Qui passiamo una bella serata con James e Effie: lui, australiano con un camper, lei, olandese in viaggio da sola con la moto. Il giorno dopo facciamo l’affascinante passeggiata di due chilometri fino alla bella Quebrada de las Señoritas.
Raggiungiamo Humahuaca, una piccola cittadina pittoresca con le stradine acciottolate e con un chiaro stampo turistico volto ad accogliere chi intende visitare Hornocal. Una lunga e ampia scala di granito porta al Monumeno a la Indipendencia dal quale si gode una bella vista sull’abitato. Con la moto percorriamo la ventina di chilometri che ci separano da Hornocal: lo stupendo Cerro de los 14 Colores.
A Pumamarca saliamo a piedi sul mirador da dove si gode una splendida vista sulla minuscola cittadina ai piedi del Cerro 7 Colores. Gironzoliamo per il centro e constatiamo che anche questo è un paesino turistico dove tutte le casette sono in adobe e le viuzze non asfaltate. Ci rimettiamo in marcia sulla R52, diamo un passaggio ad un poliziotto autostoppista e percorriamo il bel passo Cuesta de Lipán, che con diversi tornanti raggiunge i 4220 m s.l.m. La discesa, più lineare, ci accompagna fino alla Salinas Grandes. Questa enorme distesa di sale copre una superfice di 212 km². Più tardi arriva il furgone di Maria (italiana), Ben (francese) e la loro figlioletta Gaia che da 11 anni abitano nella Guyana Francese. Sono molto simpatici e li invitiamo per un risotto allo zafferano. L’indomani salutiamo i nostri amici che vanno verso Pumamarca e noi continuiamo sulla scenografica R52. Affrontiamo il Paso Jama, che sale abbastanza dolcemente e, ad un’altitudine di 4170 m s.l.m., troviamo l’edificio doganale in cui si svolgono sia le pratiche argentine che quelle cilene. Il tutto si svolge velocemente (1h15) e la perquisizione del veicolo è abbastanza superficiale.