Perù 2019

Dal 12 dicembre 2019 al 31 gennaio 2020 km 3555

Santa Rosa Frontiera Cile/Perù – Tacna – Boca del Rio – Playa Arena Blanca – Ilo – Playuela Grande – Laguna Mejia – Arequipa – Reserva Nacional Salinas Aguada Blanca – Chivay – Cruz del Condor – Cabanaconde – Huambo – Cango – Cittadella di Antaymarca – Andagua – Hacienda Querulpa Chico – Bajada de Perez – Balneario de Peña Prieta – Tanaka – Chauchilla – Nazca – Oasi di Huacachina – Tres Esquinas – Reserva National de Paracas – Isole Ballestas – Asia Bonita – Pachacamac – Lima – Tortugas – Puerto Morin – Huacas de Moche – Huanchaca – Chan Chan – Huaca Arco Iris – Magdalena de Cao – El Brujo – Tumbas Reales de Sipan – Chiclayo – Lambayegue – El Ñuro – Los Organos – Máncora – Punta Sal – Zorrito – Huaquillas Frontiera Perù/Ecuador

Arriviamo alla dogana di Santa Rosa, siccome non era scritto da nessuna parte che per alcune merci anche il Perù ha imposto il divieto d’importazione, non abbiamo nascosto nulla. Pisco, uova, alcuni tipi di frutta e verdura non passano. Un controllo molto superficiale ha permesso di farci sequestrare solo quattro lattughe e due mele. Fortunatamente in dogana c’era poca gente e tutte le pratiche si sono risolte in 1h30. Spostiamo le lancette indietro di due ore. Poco dopo la dogana ci fermiamo a comperare l’assicurazione obbligatoria per il Nimbus (danni alle persone per un anno: Fr. 24.-).

La cittadina più a sud del Perù è Tacna: durante la guerra del Pacifico (1880) divenne parte del territorio cileno e vi restò fino al 1929, quando i suoi abitanti espressero tramite una votazione di voler tornare al Perù. Approfittiamo della cittadina per acquistare senza difficoltà una cartina telefonica della ottima compagnia Bitel.
Ritorniamo sulla costa e a Boca del Rio ci sistemiamo sulla spiaggia dove in un ristorantino Renato può finalmente gustare il “Ceviche” un piatto tipico peruviano a base di pesce crudo marinato in una salsa di limone, foglie di coriandolo e cipolle. Ne ordiniamo due: uno con corvina, polipo e sogliola e l’altro con verdure e seitan.
Più a nord ci fermiamo a Playa Arena Blanca che vanta anche una bella laguna.
A Puerto Ingles, troviamo una bella infrastruttura per il turismo di giornata della cittadina di Ilo che dista pochi chilometri. Lì facciamo la nostra prima spesa in un grande supermercato peruviano; questo Paese è conosciuto per i suoi innumerevoli tipi di patate, dicono che ve ne sono oltre 6000. Al supermercato ne vediamo di molte qualità, ma mancano quelle già lavate!
Continuiamo il viaggio percorrendo la bella strada costiera piuttosto selvaggia, con degli scogli di pietra vulcanica e viste magnifiche. Sui pendii si notano aree verdi create dalla condensa dell’aria umida proveniente dall’oceano. Qui sembra non piova mai.
Scendiamo una ripida strada per sistemarci sull’ampia spieggia di Playuela Grande, ricca di granchi e uccelli; la mano dell’uomo qui non è ancora arrivata a costruire.
Lasciamo la bella spiaggia, e attraversiamo risaie e campi in cui stanno raccogliendo cipolle e angurie. Visitiamo la laguna Mejia. A parte il personale che controllava l’acidità dell’acqua, un simpatico ciclista che avrebbe caricato volentieri la sua bici sul nostro Nimbus e un’altra coppia di cicloamatori non c’era nessun altro. Gli uccelli sono parecchi ma si vedono da lontano poiché non sono abituati alle persone e neanche ai veicoli. Ci soffermiamo parecchio tempo con una famigliola di pennuti che non capiva che per lasciarci passare avrebbero dovuto abbandonare la strada. Quando il pulcino rimaneva indietro, si sdraiava a terra per mimetizzarsi.

Nel nostro precedente viaggio in Perù di oltre vent’anni fa, avevamo già visitato la zona del Cañon del Colca, ma decidiamo di ritornarvi poiché è una delle maggiori attrazioni del Paese. Imbocchiamo quindi la PE-34 che ci porta nell’entroterra. La strada è bella e molto panoramica, si direbbe che abbia appena nevicato, invece sono i sali minerali che affiorano sulla superficie terrestre. Purtroppo, le miniere sono molto presenti.
Alla periferia di Arequipa (2335 m s.l.m.) vediamo una sede della famosa ditta d’alimentari Gloria S.A. che è una delle più importanti del Perù. Il traffico si fa più intenso ma raggiungiamo senza problemi l’Hostal Las Mercedes, molto frequentato dai viaggiatori con veicolo al seguito in quanto offre un parcheggio poco lontano dal centro. Qui conosciamo diversi equipaggi, tra cui gli svizzeri Isabelle e John che hanno una casa di vacanza a Pönt (Val Malvaglia).
Ad Arequipa c’è Carlos, un simpatico trentenne che con tanto zelo accompagna i turisti in un percorso cittadino che dura tre ore. Oggi siamo i soli clienti.
Imperdibile la visita al Monastero di Santa Catalina de Siena che fu fondato nel 1579 dopo nemmeno quarant’anni dallo sbarco dei colonizzatori spagnoli. Subito dall’inizio, ragazze di buona famiglia entrarono nel convento di clausura. La famiglia metteva a disposizione il capitale per costruire l’abitazione e le monache avevano una o anche due inservienti che si occupavano delle faccende di casa. Erano dunque monache facoltose. La tradizione dell’epoca prevedeva che la seconda figlia delle famiglie appartenenti alle classi più agiate dovesse entrare in convento, in teoria per vivere in povertà ma, con le feste che organizzavano, il convento aveva più l’aria di un club esclusivo piuttosto che di un luogo di clausura.  Nel 1871, con la riforma cattolica, il Papa decise che tutte le monache dovevano mangiare e vivere in comune e che non potessero avere del personale di servizio, tantomeno schiave. Inviò una severa suora domenicana, Josefa Cadena, con l’incarico di sistemare le cose. Eccome le sistemò! liberò tutte le serve e le schiave dando loro la possibilità di rimanere in convento come monache oppure andarsene.
Il monastero fu devastato dai terremoti del 1958 e 1960 e dopo una grande opera di restauro fu aperto al pubblico nel 1970. I suoi colori rosso e blu fanno la gioia dei fotografi. Tuttora ci sono ancora una ventina di suore di clausura che ci abitano, ma sono relegate nella parte più settentrionale del convento.
Non manchiamo di visitare il mercato dove le bancarelle di frutta sembrano un dipinto. Un po’ meno curata ed invitante la zona in cui si consumano i pasti tipici.

Riprendiamo la strada in direzione del Canyon del Colca che è molto trafficata. Passata la cittadina di Yura siamo già oltre i 3100 m s.l.m., ci fermiamo per non salire troppo velocemente in quota e permettere al nostro corpo di acclimatarsi.
La strada passa attraverso la Reserva Nacional Salinas Aguada Blanca dove vi sono parecchie vigogne, lama e alpaca. Facciamo una breve tappa al Mirador de los Andes che si trova ad un’altezza di 4916 m s.l.m., da lì si gode di una vista a 360° ma le montagne e i vulcani circostanti sono parecchio lontani.
Scendiamo il magnifico colle e arriviamo a Chivay (3635 m s.l.m.) una cittadina che si è sviluppata grazie al turismo, ben ordinata e molto carina. Qui vediamo molte persone con gli abiti tradizionali e il particolare cane peruviano senza pelo.
Continuiamo il viaggio che da qui diventa molto panoramico. La strada è asfaltata e si snoda attraverso terrazze coltivate e piccoli villaggi sino ad arrivare alla Cruz del Condor, dove possiamo trascorre la notte soli soletti. Da qui si vedono i condor volare attraverso lo spettacolare Cañon del Colca. Il posto è un’attrazione turistica, ma dalle dieci del mattino in poi rimangono poche persone e ci si sente più in sintonia con la natura. Appena si generano le correnti termiche ascensionali, i condor spiccano il volo e planano maestosi. È una grande emozione ogni qualvolta se ne avvista uno e lo vedi dirigersi verso di te. Il condor delle Ande è lungo fino a 130 cm ed ha un’apertura alare che può oltrepassare i 3 metri. Il suo peso è di 9-12 kg.
A Cabanaconde visitiamo il museo Juanita, aperto nel 2018, porta il nome dato alla mummia che fu ritrovata sul vulcano Ampato nel mese di settembre del 1995, ad oltre 6000 metri di quota. Il rinvenimento è stato possibile grazie allo scioglimento dei ghiacci. Era una ragazza di 12-14 anni, sacrificio umano della cultura Incas. Le fanciulle venivano seppellite vive dopo aver ingerito una sostanza allucinogena e morivano d’asfissia.
Per ritornare sulla costa e raggiungere la Panamericana, il custode ci consiglia di percorrere la strada dei vulcani, che però sulla nostra mappa e nei GPS non risulta essere collegata.
Passiamo la notte in uno spiazzo con una magnifica vista sul villaggio di Huambo.

A Huambo chiediamo in Polizia se la nuova strada sterrata consigliataci dal custode del museo è percorribile anche con il nostro mezzo. L’agente chiama i colleghi di Andagua che gli danno dei ragguagli. Si può fare! Visitiamo la chiesa e chiacchieriamo con due simpatiche signore; sperano che il nuovo raccordo stradale porti un po’ di turismo nella cittadina. Ci avviamo per la strada che si snoda in un cañon, la pista è in perfette condizioni ma con la pioggia il rischio di caduta massi la renderebbe pericolosa. A una decina di chilometri da Cango troviamo due operai che sono proprio intenti a liberare la strada dai sassi caduti. Uno di loro ci chiede se possiamo dare un passaggio al suo cucciolotto che è assetato e accaldato. Ci dice di lasciarlo semplicemente a Cango, che il quadrupede sa dove andare.  Il panorama è stupendo, ma la strada molto sinuosa e senza parapetti, mal s’addice a chi soffre di vertigini.
Siamo nella Valle de Los Vulcanos e ci fermiamo nel parcheggio del Mirador Antaymarca.
Il mattino seguente saliamo sul rilievo panoramico, cade qualche goccia di pioggia. Dopo una ventina di minuti siamo in cima da dove si gode di una bella vista a 360°. Si vede molto bene dove c’è stata l’eruzione del vulcano sulla cui lava è stata costruita l’antica Cittadella di Antaymarca che appartiene alla cultura Collagua Inca Temprano. Al suo interno sono visibili ancora dei resti umani. Percorriamo i tre chilometri che ci separano da Andagua. Pioviggina, decidiamo di fermarci difronte alla chiesa sulla Plaza de Armas, è Natale, il nostro cenone? una buona fondue.
Questa cittadina ha una piazza molto bella e particolare: un giardiniere di Arequipa viene regolarmente a tagliare le piante dandole delle bellissime forme. Per contro, c’è il più brutto albero di Natale che abbiamo visto fino ad ora. Ci intratteniamo con alcuni bambini e poi lasciamo Andagua e ci inerpichiamo su per la montagna, su una strada dove le curve si susseguono una dopo l’altra, anche dove potevano “tirare dritto”, sono riusciti a fare delle curve. Oggi siamo convinti di aver battuto il record del punto più alto raggiunto su strada con il Nimbus (4968 m s.l.m.) e la giornata con il numero più alto di curve percorse (vedi dettaglio percorso)! Abbiamo notato che quando superiamo l’altezza di 4900 m sul cruscotto esce il messaggio “guasto al motore”, ma come scendiamo la spia sparisce. La strada, anche se ha una sola corsia, è comunque tutta asfaltata e molto panoramica; pochi i punti veramente stretti.
Continuiamo ancora un po’, ma visto la bellezza delle montagne che però con il cielo coperto risultano dei colori scialbi, decidiamo di fermarci.

È ritornato il sole, ci godiamo la magnificenza delle conformazioni rocciose stratificate con una miriade di sfumature cromatiche. Da Machaguay la strada si fa più dritta, larga e a due corsie. Ci fermiamo ad Hacienda Querulpa Chico dove sorge il Museo Dinosauro Park. Parecchi anni fa dei ragazzi hanno trovato molte impronte di Gigantosauro che ora sono protette. Oltre a diverse riproduzioni di dinosauri si gode di una magnifica vista sul fondovalle.
Sulla strada verso la costa vediamo una quantità enorme di pneumatici che sono stati gettati nel fondo valle, dispiace constatare come non ci sia un maggior rispetto per la natura. Raggiungiamo la bella spiaggia di Bajada de Perez che si trova 15 km a sud di Camanà e che, considerato gli standard peruviani, troviamo molto pulita.

Bajada de Perez. Abbiamo bisogno d’una pausa di qualche giorno per sistemare un po’ di cose e riposare ma, al calar del sole, arriva Haigo che ci dice di essersi insabbiato con il suo SUV e ci chiede se possiamo dargli uno strappo per uscire. Dopo un sopralluogo, abbassiamo la pressione degli pneumatici e, con una certa ansia, visto che la sabbia è molto soffice e la marea si sta alzando, entriamo nella spiaggia e riusciamo a trarre dagli impicci il SUV. Il giorno successivo un altro conducente ha la malaugurata idea di scendere in spiaggia con la Mini…
Oggi è S. Silvestro, e alle 18h00 festeggiamo la mezzanotte svizzera con l’aperitivo e ne approfittiamo per fare gli auguri live. Per cena una ratatouille con purè accompagnata dall’ottima bottiglia di Toknar che Mauro Von Siebenthal ci aveva regalato.
Lasciamo la bella postazione sulla spiaggia per continuare il nostro viaggio verso il nord. La Panamericana costeggia il mare regalandoci degli scorci magnifici sul Pacifico. Ci fermiamo pochi chilometri a sud di Atico, al Balneario de Peña Prieta, un villaggio turistico costruito a metà e abbandonato. In spiaggia ci sono numerosi locali con le loro famiglie a festeggiare l’anno nuovo. Dopo una passeggiata prepariamo il pane. Al supermercato quasi tutte le farine sono vendute con il lievito già integrato. Abbiamo chiesto ad una commessa quale fosse senza lievito e ce l’ha indicata. Dopo aver impastato la prima pagnotta Gloria legge sul pacchetto che c’è il lievito! … va da sé che per la seconda pagnotta non lo aggiungiamo. Risultato: l’elenco degli ingredienti marcati sul pacchetto è sbagliato = pane non lievitato. Decidiamo di tagliarlo a fettine e metterlo sotto il grill = pane durissimo = immangiabile = leccornie per i cagnolini di strada.
Continuiamo il nostro viaggio, la strada è panoramica, le rocce frastagliate hanno dapprima un colore rossastro per passare più avanti ad un bel colore verde. Ci fermiamo a Tanaka, un villaggio turistico che per l’occasione è animato. I residenti sembrano tutti imparentati e comunque tutti si conoscono.
Lasciata la costa, la Panamericana si fa un po’ monotona, ad eccezione di un piccolo tratto per valicare un colle. Prendiamo una deviazione che in circa 8 km di sterrato ci porta alla necropoli pre-Inca di Chauchilla. Questo sito, ubicato ad una trentina di chilometri da Nazca, è unico nel suo genere in quanto è costituito da una dozzina di tombe restaurate dove le mummie sono conservate a cielo aperto nei loro sepolcri originali. Questo è reso possibile grazie al clima arido del deserto di Nazca. Il corpo era svuotato dalle viscere, vestito e posto in posizione fetale in una camera scavata nel sottosuolo. Alla mummia veniva lasciato del cibo, vasellame e ornamenti. Il buco veniva chiuso con dei tronchi e a loro volta coperti di sabbia.
Arriviamo alle porte di Nazca e parcheggiamo all’aeroporto; le linee di Nazca sono ben visibili dall’alto. Un pilota ci abborda subito e, dopo aver mercanteggiato il prezzo, fissiamo il tour per il mattino seguente. Saliamo quindi sul primo volo della durata di 35 minuti che decolla alle 7h15 di una limpida giornata. I geoglifi visti dall’alto sono molto suggestivi e si scorgono molto bene le raffigurazioni degli animali e l’Acquedotto di Cantayo, anch’esso costruito dalla civiltà preincaica e utilizzato tutt’oggi per l’irrigazione dei terreni agricoli e per uso domestico. Nessuno sa dare una risposta sicura di qual è lo scopo per cui sono stati fatti questi geoglifi. Ciò che però si sa, è che sono stati realizzati dalle culture Paracas e Nazca, nel periodo compreso tra il 900 a.C. e il 600 d.C. Questi contrasti di colore sono stati eseguiti rimuovendo le pietre scure dal suolo in modo che il terreno sottostante di colore chiaro creasse una linea. Per noi sembra incredibile che sia stata data l’autorizzazione di far passare la Panamericana (strada principale che attraversa l’America latina) nel mezzo della raffigurazione della “lucertola”. Inoltre, qualche anno fa, il sindaco di Nazca ha preso la decisione di disperdere i rifiuti cittadini sulla pampa, rovinando così alcune linee. La decisione è stata adottata come protesta contro la mancata erogazione di sussidi.
A Nazca visitiamo il Museo Antonini: oltre ai soliti ritrovamenti è stato ricostruito un tratto dell’acquedotto Inca. Ci rimettiamo in viaggio fermandoci ad una torretta-piattaforma per ammirare più da vicino la lucertola tagliata in due dalla Panamericana.

Vicino a Ica sorge la caratteristica Oasi di Huacachina: immersa tra alte dune che la circondano ha una bella laguna al centro.  È domenica per cui è assediata da numerosi turisti locali con i bambini che si bagnano nella laguna, anche se i cartelli lo proibiscono. Si possono noleggiare delle tavole per surfare sulle dune o fare un giro con i Buggy tubolari. Non ci possiamo fermare molto poiché un poliziotto ci ha dato solo mezz’ora per un parcheggio in teoria abusivo.  Continuiamo il viaggio e a Tres Esquinas parcheggiamo alla Bodega El Catador per una visita guidata della cantina e una degustazione di Pisco (distillato di vino).
Il giorno seguente raggiungiamo Paracas, cittadina molto carina e turistica. Infatti, da qui partono le barche per visitare le isole Ballestas. Entriamo nella Reserva National de Paracas, visitiamo il centro informativo, andiamo alla spiaggia Roja e per trascorrere la notte ci fermiamo sul bel parcheggio della Playa Raspòn.
Al mattino ci concediamo un po’ di spiaggia. Non senza scottatura solare. Nel pomeriggio percorriamo il giro classico della penisola di Paracas che comprende il mirador “La Catedral” dove fino al terremoto del 2007 vi era una formazione rocciosa ad arco.
Partiamo di buonora per prendere la barca che salpa alle 8.00 del mattino, quando il vento ancora non s’è fatto vedere. Le isole Ballestas sono molto rocciose e suggestive ma il nostro capitano sembra avere fretta e si sofferma poco nei bei anfratti. Dopo essere passati davanti al geoglifo del “Candelabro” puntiamo verso le isole dove vediamo una moltitudine di uccelli, pinguini di Hubolt, foche e leoni marini.
Lasciamo questa bellissima riserva ricca di avifauna per continuare la nostra risalita verso nord. Più ci avviciniamo a Lima e più le estensioni di condomini costruiti a bordo mare aumentano. Questi appartamentini, che formano dei veri quartieri, sono usati soprattutto nei fine settimana. Passiamo la notte in uno di questi complessi, ad Asia Bonita, a un centinaio di chilometri da Lima. La spiaggia è molto bella e pulita; le guardie private e la nebbiolina mattutina sono una costante.
Arriviamo al sito archeologico di Pachacamac: questa enorme città si presume sia sorta 1000 anni prima dell’impero inca. Quando arrivarono gli inca la città acquisì notevole importanza. Le enormi piramidi testimoniano il valore cerimoniale del sito. Il museo è un edificio moderno e molto bello. È impressionante vedere quanto ci sia ancora da scavare: l’area protetta è immensa.

Raggiungiamo Lima e ci tuffiamo nel traffico infernale. Sembra che facciano a gara ad appropriarsi dei diritti degli altri. Gli incroci sono un disastro, potrebbero funzionare solo se non c’è traffico, è un caos, superano da tutte le parti, specialmente a destra. Arriviamo al Club Suizo e purtroppo scopriamo che l’entrata permette l’accesso ai veicoli di altezza massima di m 3,20. Vista l’ora tarda ci sistemiamo in un parcheggio vis a vis. Nel 1998 Renato ha gustato il suo primo ceviche al Ristorante Rosa Nautica di Lima; dopo averlo sognato per 21 anni, è stato piacevole ritornarci e scoprire che la qualità è sempre ottima.
Al mattino bussa alla porta l’amministratore del Club Suizo comunicandoci che il direttore Urs Steiner dell’Istituto svizzero Pestalozzi (nello stesso comprensorio) ci può ospitare. Con moltissimo piacere ci spostiamo all’interno del perimetro di questo grande collegio tenuto in modo impeccabile.
Nel quartiere Barranco visitiamo il museo MATE, dedicato al fotografo peruviano Mario Testino, conosciuto soprattutto per i suoi scatti per Vogue. Poche immagini ma di grande impatto, tra cui quelle di Lady D, scattate due mesi prima del suo tragico incidente, bastano per renderci consapevoli che siamo davanti al lavoro di un artista eccezionale.
L’indomani ci godiamo un po’ di relax al Club Suizo: è tutto ben sistemato e ben mantenuto, c’è una bella piscina, diversi campi da tennis, squash, giochi per bambini con una bella casa in miniatura denominata Heidi.
La visita più accurata della capitale la faremo al nostro ritorno in maggio.

Uscire da questa caotica città con il Nimbus non è impresa facile: molte super-strade sono vietate ai veicoli pesanti e quando contravveniamo alla regola la zelante polizia ce lo fa notare.
I primi 200 chilometri della costa non sono molto interessanti, ma poi il deserto s’increspa offrendo una vista su delle belle dune e montagnette. A Tortugas ci fermiamo per un brunch; il piccolo e tranquillo villaggio di pescatori è affacciato ad una bella baia. Rimaniamo un po’ di tempo a guardare le planate dei pellicani e l’arrivo dei pescatori sulle loro zattere tradizionali. Riprendiamo il cammino e constatiamo che più andiamo al nord, più i rifiuti aumentano. Ci fermiamo nella baia di Puerto Morin. Tutti i sacchi della spazzatura che la sera prima sono stati depositati vicino agli straripanti cestini, sono, come era logico, stati presi d’assalto da cani e avvoltoi e il contenuto disperso sulla spiaggia.
Percorriamo l’ultima quarantina di chilometri sulla Panamericana e poi prendiamo il bivio per il sito archeologico Huacas de Moche che comprende due templi. Visitiamo dapprima il museo dove sono esposti una moltitudine di vasi ritrovati nelle tombe del Templio della Luna (all’interno non è concesso scattare fotografie). In seguito, facciamo la visita guidata di poco meno di un’ora nell’interessante e originale Huacas de la Luna, l’altro Templio Huacas del Sol non è aperto e neanche è stato scavato dagli archeologi. Il governo non investe negli scavi e il sito è stato riportato alla luce grazie a un finanziamento di privati. Il templio è costruito su cinque livelli, ogni generazione riempiva il vecchio livello con mattoni di adobe e lo allargava per costruirne sopra un altro. Solo la parte centrale era mantenuta integra. Si calcola che sono stati usati ben 140 milioni di mattoni di adobe per costruire il templio del Sole. I moche hanno regnato dal I sec d.C. sino al VIII secolo. In seguito c’è stato un declino dovuto alla siccità e alla cattiva gestione per cui la popolazione ha avuto un’influenza della cultura wadi. Dalle ceneri dei moche, la nuova generazione si riorganizza e cambia il nome in chimu. L’impero chimu regna fino all’arrivo degli incas che a loro volta allargano il loro impero sino alla venuta dei conquistadores, circa una sessantina d’anni dopo. Il templio della Luna aveva una funzione di venerazione mitologica, religiosa e funeraria. Il santuario mostra scolpito nei suoi muri le principali cerimonie dei sacrifici umani. Per i moche i sacrificati erano i guerrieri: iniziavano con un combattimento rituale tra due gladiatori e lo sconfitto veniva preparato per circa tre settimane alla cerimonia e, dopo aver bevuto una pozione allucinogena (San Pedro), veniva ghigliottinato. Il sangue era offerto al sacerdote che, in pubblico, brindava con le divinità. Una settantina di scheletri di lottatori furono rinvenuti sepolti in ordine sparso perché l’usanza voleva che fossero dati in pasto agli avvoltoi. I chimu invece sacrificavano i bambini.
Giriamo intorno a Trujillo e arrivati a Huanchaca ci sistemiamo a bordo spiaggia dove abbiamo la fortuna di assistere ad un matrimonio. Tipiche di questo villaggio, le imbarcazioni “cavalluccio” usate dai tempi remoti quali imbarcazioni da pesca.
Dopo una passeggiata ci spostiamo al sito di Chan Chan dove ad accoglierci c’è l’immancabile Perro peruviano sin pelo.
Il cane nudo peruviano, considerato patrimonio nazionale, è una razza molto antica e infatti lo si vede spesso raffigurato in oggetti risalenti al periodo pre-inca. La sua indole primitiva fa sì che siano molto riservati, schivi, diffidenti e con un predatorio alto. Sono però molto intelligenti, vivaci e legati al proprio detentore. La sua temperatura corporea è molto alta e fa di lui un ottimo compagno nelle serate invernali J.
Visitiamo prima il museo e poi, con una guida, le rovine dell’enorme capitale dell’impero chimu, costruita ca nel 1300 d.C. È la più grande città di fango del mondo. Si stima che al suo culmine fosse abitata da 50’000 persone e possedesse un’enorme quantità di oro e argento. Quando passò sotto il dominio degli incas, il re chimu fu spostato a Cuzco e una sorella dei regnanti incas gli fu data in moglie, ma i tesori rimasero al loro posto. Agli incas interessava espandere il regno e incassare le tasse. Arrivati i conquistadores spagnoli invece fecero man bassa di pietre e metalli preziosi. Ogni re che si avvicendava faceva costruire il suo recinto reale e al suo decesso veniva sepolto nel tumulo funerario con numerose giovani donne sacrificate e una grande quantità di offerte: vasellame, lama, tutti i suoi gioielli ecc.
A pochi chilometri sorge Huaca Arco Iris usato dai chimu come granaio, un deposito per i cereali, riso ecc. I rilievi su un lato del fabbricato sono ben conservati in quanto sino al 1963 erano sepolti sotto la sabbia.

Ci spostiamo più a nord e facciamo tappa a Magdalena de Cao. Il piccolo paesino è tutto molto ben curato, il migliore visto in Perù fino ad ora e la gente è molto cordiale. Veniamo a sapere che questo è merito del sindaco precedente, che ora è a capo della regione. Dopo aver ammirato un gruppo di ragazze a classe di ballo ci fermiamo da Oscar al ristorante La Ramadita a provare la “Chicha de un año”. Si tratta di una bibita considerata sacra ed è stata utilizzata attraverso gli anni in atti cerimoniali e feste di tutte le culture preispaniche con influenza andina. Il suo grado alcolico varia a dipendenza del grado di fermentazione del mais. Il gusto è un po’ simile al Porto e va bevuta fredda. Dopo cena Oscar ci rende visita e ci racconta molti aneddoti interessanti sui tombaroli che in questa regione erano molto attivi.
Percorriamo i pochi chilometri per raggiungere El Brujo. Anche qui scegliamo di farci accompagnare da una guida. Visitiamo la tomba e il museo in cui è stata ritrovata nel 2006 una sacerdotessa moche, detentrice anche del potere politico, denominata la Señora de Cao. Una scoperta importante perché dimostra che anche le donne potevano rivestire questo ruolo. Lo studio antropologico dimostrò che questa donna morì all’età di ca 25 anni di complicazioni post-parto. La sua statura era di 148 cm. La donna è stata mummificata cospargendola con solfato di mercurio, sulla sua pelle sono ancora visibili i tatuaggi che rappresentano un serpente e un ragno, entrambi simboli della fertilità della terra e dell’acqua. La tomba è datata del IV o V secolo d.C. Il suo stato di conservazione è notevole, la salma era avvolta in ben 26 tessuti diversi, uno dei quali era lungo la bellezza di 84 metri e in totale il fardo funerario pesava poco meno di 120 kg. Nella sua tomba trovarono una ragazza adolescente e altri tre individui sacrificati. Nella tomba accanto il sacerdote deceduto per strangolamento. I moche credevano nella vita oltre la vita per cui i regnanti non se ne andavano soli ma erano accompagnati da parecchie persone sacrificate.
Riprendiamo la Panamericana e arriviamo al sito archeologico Tumbas Reales de Sipan. Si prospetta una giornata molto calda per cui preferiamo visitare dapprima il stio del Señor de Sipan, noto anche con il nome di La Huaca Rayada, e poi il piccolo museo. La scoperta del sito è da attribuire ai tombaroli che hanno trovato e saccheggiato alcune tombe e immesso sul mercato nero una ingente quantità di vasellame. La polizia lo sequestra e lo mostra all’archeologo Walter Alva che subito capisce che si è di fronte ad una importante scoperta. Trovano il sito e vietano l’entrata. Nascono dei tafferugli, e un tombarolo viene pure ucciso dalla polizia. Le autorità faticano a sedare gli animi ma riescono a convincerli a lavorare come operai addetti agli scavi o in qualità di guardie. Nella tomba del Señor de Sipan c’erano otto persone, sacrificate per accompagnare il loro re nell’aldilà. Una di esse era la guardia, con i piedi tagliati per non lasciarla scappare, e poi la moglie, le concubine, il sacerdote, i servi e un lama. Inoltre, un gran numero di anfore e vasellame quali offerte per il lungo viaggio. In questa tomba, come nelle altre undici trovate, i reperti più importanti sono stati sostituiti con delle repliche.
Per raggiungere il moderno museo Tumbas Reales de Sipan a Lambayegue, dove sono custoditi la maggior parte dei reperti, dobbiamo passare per la sporchissima città di Chiclayo. Tra tutte le città da noi visitate, questa è di gran lunga quella più sporca. Alcune persone ci hanno detto di non capire perché i turisti non arrivano in questa regione nonostante sia ricca di storia. La risposta è però evidente!
Lambayegue sorge a pochi chilometri da questo orrore. In questo museo purtroppo non si può entrare né con macchina fotografica né cellulare. Sono custoditi numerosi reperti di grande importanza. A piedi andiamo poi a visitare il più vecchio Museo Brüning.
Continuiamo sulla Panamericana e ci fermiamo su una strada sterrata che porta a una centrale elettrica, si prospetta un bel tramonto ma con una miriade di sacchetti di plastica in primo piano che conferma la mancanza di rispetto per l’ambiente.

Attraversiamo il deserto di Sechura, il più ampio del Perù, la strada è asfaltata e in buone condizioni ma a volte ci sono delle ondulazioni molto pronunciate e il povero Nimbus si trasforma in un canguro. Il paesaggio è desertico e ci sono molti pozzi petroliferi di trivellazione.
Siamo a El Ñuro, questa baia è conosciuta per la grande quantità di tartarughe marine che gironzolano sotto il pontile in quanto abituate a ricevere gli scarti dei pesci gettati a mare dai pescatori.
Oggi Gloria ha letto che in Ecuador non si può entrare con due veicoli intestati alla stessa persona, la storia si ripete. Decidiamo di risolvere la questione mettendo la moto a nome di Gloria. Questo vuol dire farsi spedire la nuova licenza di circolazione che impiegherà circa otto giorni ad arrivare. Contattiamo Melba, titolare del campeggio Hotelleria SwissWassi che si trova a 70 chilometri dal confine, la quale si dimostra disponibile a ricevere la lettera DHL.
Lasciamo il parcheggio di El Ñuro e dopo pochi chilometri ci fermiamo alla bella spiaggia di Los Organos dove trascorriamo diversi giorni e facciamo molte belle conoscenze. Anche qui ci sono le tartarughe marine e una miriade di uccelli, molto carini e particolari i Piquero de patas azules (Sule piediazzurri). Anche se l’acqua è decisamente più torbida che al El Ñuro non rinunciamo a fare il bagno con le testuggini. Una tartaruga scambia il dito di Gloria per un pezzo di pesce e lo azzanna, ma niente di grave.
Durante una passeggiata incontriamo Jocelyn con tre figli e un cappellino svizzero in testa. Ci fermiamo a parlare e ci dice d’essere canadese ma che suo marito Daniel è svizzero e che a maggio si trasferiranno definitivamente in Svizzera. Nel frattempo, hanno affittato una casetta sulla spiaggia dove abbiamo il piacere di essere invitati a pranzo. Nimbus attira l’attenzione di Niels che con la moglie Laahila e i due figli lo guardano con grande interesse. Niels è un costruttore metallico, ha fatto un rimorchio-bar a forma di lattina di Coca Cola e ora vuole costruire un rimorchio abitabile.
I giorni passano veloci, i tramonti sono bellissimi e diversi camperisti si intercalano sulla spiaggia.
Proseguiamo il nostro viaggio e facciamo una breve fermata alla località turistica di Máncora. Qui vi sono tanti ristorantini e bancarelle ed un piccolo parco con le iguane. Molto evidenti i danni provocati dal terremoto. A Punta Sal, incontriamo una coppia che sta ripulendo la sporcizia dalla spiaggia e facciamo loro i complimenti. Sono Joice, architetta e il suo compagno che sta costruendo un ristorante adiacente il parcheggio e che dovrebbe essere finito entro fine anno.
Arriviamo a Zorrito dove vi è il piccolo ma simpatico campeggio Hotelleria SwissWassi in cui riusciamo a parcheggiare solo dopo diverse manovre. Poco dopo arriva anche per DHL la nuova licenza di circolazione. Qui conosciamo una simpatica coppia francese, Loriane e Thomas: lei, colombiana d’origine, lui ha lavorato anche come panettiere. Gloria non perde l’occasione e gli propone di fare il pane e così, oltre a quello abbiamo fatto la pizza per tutti. Thomas e Loriane ci danno parecchi consigli sulla Colombia e li invitiamo a mangiare un piatto di gnocchi. Questa è l’occasione per Gloria di dare il suo primo corso di cucina!

Raggiungiamo Huaquillas dove sorge la frontiera con l’Ecuador e dove vi sono i campi della Croce Rossa che accolgono i migranti venezuelani. Al controllo passaporti per l’uscita dal Perù ci dicono che c’è un problema e ci fanno aspettare parecchio. Il problema consiste nel nostro precedente ingresso in Perù, 22 anni fa! Nel loro sistema hanno scritto anche il cognome della mamma di Renato che sul passaporto evidentemente non figura. Ci dicono che quando ritorniamo in Perù dobbiamo recarci ad un ufficio migrazione per cambiarlo. Alla dogana ecuadoregna, visto che c’è molta coda, per velocizzare le pratiche mettono la moto assieme al Nimbus: e pensare che altri overlander sono stati rimandati indietro perché non potevano entrare con due veicoli allo stesso nome (!!!?). Tutte le pratiche sono durate due ore.