Cile 2019 5a parte

Dal 15 novembre al 12 dicembre 2019 km 1933

Paso Sico Frontiera Argentina/Cile – Reserva Nacional Los Flamencos (Laguna Miscanti, Miñiques e Chaxa) – Calama – San Pedro de Atacama – Hito Cajon Frontiera Cile/Bolivia – San Pedro de Atacama – Calama – Chuquicamata – Maria Elena – Tocopilla – Iquique – Humberstone – Colchane – Parque Nacional Volcán Isluga – Reserva Nacional Las Vicuñas – Guallatire – Parco Nazionale di Lauca – Rovine di Chungará – Lago Chungarà – Parinacota – Putre – Pukarà de Capoquilla – Valle de Azapa – Arica – Santa Rosa Frontiera Cile/Perú

 

Come i precedenti passi sulle Ande, anche la discesa dal Paso Sico è panoramica. La strada sulla parte cilena è asfaltata. Sul percorso ammiriamo la laguna Toyalito e di seguito la Laguna Agua Caliente, da quest’ultima si percorrono 500 m a piedi per raggiungere la cima di un promontorio dal quale si gode di una magnifica vista. Percorriamo i pochi chilometri che ci separano dalla Laguna Miscanti e Miñiques che fanno parte della Reserva Nacional Los Flamencos e sono meta di diversi tour. Passiamo qualche giorno immersi in questa natura meravigliosa, attorniati da vulcani e picchi rocciosi, e da un cielo stellato all’inverosimile. Il Cile ha la maggior attività sismica e vulcanica della Terra. Il “Cinturone di fuoco del Pacifico” conta più di 150 vulcani. Il grande altipiano che vediamo è stato creato dall’eruzione vulcanica.
Dalla strada che costeggia il Gran Salar de Atacama, raggiungiamo la Laguna Chaxa. Le lagune non hanno uno sbocco e si formano tramite un’infiltrazione delle acque proveniente dalla cordigliera che si mescolano con acqua di alta concentrazione salina. In conseguenza al deposito e all’accumulo di materiale impermeabile, si produce un effetto conosciuto come “culla salina” il quale permette che l’acqua affiori in superficie e formi le lagune, poi evapora nella misura ca. del 96%. La riserva è molto bella, offre un percorso a piedi con diversi pannelli informativi e una vista sui tre tipi di fenicotteri presenti: quello Andino (collo e testa rosa, coda nera), il James (più piccolo) e, in minor numero, il Flamenco Cileno (coda e ginocchia rosa). La colorazione rosa è correlata all’alimentazione dei fenicotteri che si cibano di un piccolissimo crostaceo, l’Artemia (Scimmia di mare), che misura meno di un centimetro e che è capace di sopravvivere in queste acque dalle condizioni estreme. La caratteristica più straordinaria dell’Artemia è che ha adattato il suo ciclo riproduttivo per poter sopravvivere nei momenti di siccità. Quando la salinità dell’acqua aumenta, il che significa che l’evaporazione è molto alta e che vi è la probabilità che la laguna secchi, l’Artemia deposita le uova che sono in grado di mantenersi inattive per decenni, ossia fin quando vi sono nuovamente le condizioni favorevoli al loro sviluppo.

Ci dirigiamo a Calama, al Servizio MAN, per verificare una perdita di olio idraulico, risoltasi con la sostituzione di una guarnizione. Ritorniamo a San Pedro de Atacama dove ci dicono che le proteste in Bolivia sono circoscritte alle città, per cui decidiamo di percorrere la strada delle lagune tanto rinomata e visitare il Salar di Uyuni. Saliamo sulla strada che si abbarbica sul passo Jama. Molte strade sono ripide, e questa non fa eccezione: per percorrere poco meno di 50 chilometri e un dislivello di quasi 2000 metri il consumo medio del Nimbus ha superato i 60 litri/100 km! Deviamo per il posto di frontiera Hito Cajon. Nessun problema alla dogana cilena ma i boliviani non ci lasciano passare poiché il loro sistema informatico non permette di assegnare due veicoli ad un solo conducente; sia la moto sia il camper sono a nome di Renato. Per mettere la moto a nome di Gloria si deve andare da un notaio per redigere l’autorizzazione e fare domanda al consolato boliviano. A questo punto, a malincuore, rinunciamo almeno per il momento a visitare la Bolivia. Nonostante siamo rimasti fuori dal Cile solo una mezz’oretta, al nostro ritorno i funzionari doganali hanno perquisito nuovamente il Nimbus. Da qui la nostra decisione di verniciare i “tacchi” del Nimbus; non è consentito importare legno non trattato.
Ritorniamo a San Pedro de Atacama e al pomeriggio entriamo nella Valle de la Luna; anche se ci eravamo già stati la scorsa stagione, il paesaggio è talmente suggestivo che apprezziamo una seconda visita.
Il giorno seguente ci spostiamo di pochi chilometri per visitare la Valle di Marte chiamata anche Valle de la Muerte. La strada nel parco è lunga 2-3 km ed è in cattivo stato ma panoramica. Dal parcheggio non si può più continuare poiché la sabbia ha invaso la strada. Partiamo per fare il giro a piedi, la prima parte è sulla strada fino a giungere al mirador da cui si gode una bella vista, il sentiero prosegue sulla costa e poi scende sulla cresta di una duna imponente.
Mentre togliamo le scarpe arriva Sue, una signora australiana pensionata, amante dei trekking che conosce bene anche la Svizzera. La invitiamo a bere qualcosa di fresco e poi partiamo nuovamente per Calama. Giunti a destinazione, Renato si accorge di non avere il cellulare: dev’essere caduto nella sabbia durante la corsa giù dalla duna.
Al garage MAN chiediamo una nuova guarnizione per il tappo del diesel poiché perde. Dicono che ci vuole qualche giorno e allora propongono di fare una seconda guarnizione di sughero. Dopo aver viaggiato un po’ ci accorgiamo che perde ancora.

Sulla strada verso l’oceano il paesaggio è desertico, ci fermiamo a dare un’occhiata alla città fantasma di Chuquicamata, chiusa ed evacuata per la contaminazione causata dalla miniera di rame, quest’ultima comunque ancora attiva. La Codelco, ditta che gestisce il sito, organizza delle visite alla città fantasma e alla miniera ma i tour sono sospesi causa le manifestazioni. L’ambiente è desolante e le montagne di materiale frantumato per l’estrazione del rame sono impressionanti.
Settanta chilometri prima di raggiungere l’oceano, facciamo tappa a Maria Elena, villaggio nel deserto che ha mantenuto le caratteristiche tradizionali delle cittadine minerarie. L’unico posto al mondo da dove si estraggono ancora i nitrati è proprio a due passi dall’abitato di Maria Elena. Per visitare il museo dei nitrati dobbiamo aspettare il giorno seguente. Nell’attesa ci sistemiamo nel parcheggio della piazza dove, con nostra gradita sorpresa, alla sera si riuniscono un gruppetto di giovani a praticare la Break Dance. Il livello è ottimo. Il mattino seguente visitiamo il museo dei nitrati dove sono illustrate testimonianze e splendore della cittadina nell’epoca di maggior espansione e benessere. Oltre ai diversi processi d’estrazione del minerale, sono raffigurati i tre metodi principali di purificazione dei diversi tipi di nitrati. Il loro impiego era largamente diffuso nell’agricoltura come fertilizzanti, fino a quando sono stati sostituiti da prodotti chimici derivati dal petrolio che costavano molto meno.
Lasciamo la cittadina e passiamo da Tocopilla, i segni delle proteste sono ancora ben visibili: carcasse di pneumatici bruciati allo scopo di sbarrare le strade se ne vedono ovunque, un furgone dei carabinieri preso a sassate e ridotto a un rottame testimoniano la rabbia dei manifestanti.

Da Tocopilla continuiamo percorrendo la strada costiera verso nord. La sensibilità nel preservare l’ambiente in America latina non è largamente diffusa. Sulla strada costiera scorgiamo un Golf-club, siamo abituati a vederli con una bella erbetta verde e ben tagliata; ebbene qui non c’è un filo d’erba. Più avanti scorgiamo una colonia di leoni marini, pellicani e un gran numero di gabbiani che ci riempiono gli occhi della bella fauna marina. Ci fermiamo per la notte nei pressi di una vecchia salina in disuso.
Percorriamo la bella strada costiera che porta a Iquique. La cittadina, località balneare tra le più gettonate del Cile, è anche conosciuta per essere un punto franco. Facciamo una bella passeggiata nelle stradine pedonali del centro ammirando gli stabili tipici del XIX secolo, costruiti nel periodo d’oro dell’industria mineraria. Iquique sembra incastonata tra il mare e la grande duna che sta alle sue spalle, sono particolari i suoi marciapiedi in legno. Il Casinò Spagnolo è molto interessante e imperdibile.

Partiamo per visitare il villaggio fantasma di Humberstone, dichiarato patrimonio dell’umanità nel 2005.  La cittadina mineraria è stata fondata nel 1872 e si basava sull’estrazione dei nitrati. Conobbe il suo culmine negli anni 40 per poi essere chiusa nel 1960, lasciando 3000 operai senza lavoro. Molto interessante l’organizzazione di tutti i servizi, come alloggi, scuola, negozio, capannoni industriali, ecc.
Visto che passiamo davanti al “Gigante de Atacama” non possiamo evitare di fare una piccola deviazione per vederlo più da vicino. Il geoglifo, dal punto dove ci troviamo, non è ben visibile, dovremmo camminare ma ci rinunciamo visto l’ora tarda. Tuttavia, è deplorevole come il valore di questa eredità non sia riconosciuto.
Passeremo diversi giorni in altura, per cui è molto importante prendersi il tempo per acclimatarsi. Dopo aver trascorso una notte a 2200 m, arriviamo a Colchane (3725 m s.l.m.), un paesello sulla frontiera con la Bolivia molto modesto ma con una piazza allestita con numerosi giochi per bambini.
Gloria ha dormito poco, soffre il mal di montagna. Ha preso una pastiglia di dramamina ma sembra che le abbia fatto più male che bene. Rimaniamo una giornata in più per l’ambientamento all’altezza.

Lasciamo l’asfalto e percorriamo la A 95 per entrare nel Parque Nacional Volcán Isluga e ci fermiamo nell’omonimo paesino semidisabitato. Alcune famiglie nomadi si ritrovano per i loro rituali e cerimonie in una chiesetta molto particolare del XVII secolo, costruita in adobe. Continuiamo sulla 95 che in generale è in ottimo stato, solamente un paio di chilometri li dobbiamo fare a passo d’uomo. Raggiungiamo i 4770 m, probabilmente sia noi che Nimbus abbiamo segnato il record di altitudine su strada. Da quest’altezza, le montagne andine non sembrano così alte. Il paesaggio è molto bello.
Arriviamo al Salar de Surire (4260 m s.l.m.), ubicato nella Reserva Nacional Las Vicuñas. Ci fermiamo alle terme di Polloquere dove l’acqua è poco salata e anche l’odore di zolfo è leggero; ci immergiamo dove l’acqua ha una temperatura di 38°C.
Continuiamo costeggiando il bellissimo Salar Surire, ci fermiamo al mirador dove troviamo un gruppuscolo di case in rovina; un passaggio rialzato corre lungo la laguna, lo percorriamo e scopriamo che termina ad una sorgente d’acqua dolce.
Proseguiamo fermandoci al check-point dei carabinieri per delucidazioni sulla strada ma il ragazzo, pur gentile, non sembra molto informato. Imbocchiamo la A 95 che a partire da questo punto è percorsa da molti camion che trasportano la polvere di borace per lavorarla ad Arica.
Un altro paesello mezzo abbandonato che incontriamo lungo il cammino è Guallatire e pure qui c’è una chiesetta del XVII secolo che sorge ai piedi dell’omonimo vulcano fumante.
Lasciamo la strada polverosa che, causa il traffico, non ci fa sentire a nostro agio per prendere una pista che passa attraverso il Parco Nazionale di Lauca. Il paesaggio è gradevole e sono numerosi i greggi di lama e vigogne. Ci fermiamo alle terme di Churigaya, ma non ci convincono … Per la notte ci sistemiamo vicino alle Rovine di Chungará: un piccolo gruppuscolo di case abbandonate dal quale si gode di una magnifica vista sui vulcani, dove primeggia il Parinacota con i suoi 6342 m s.l.m, alle sue spalle il gemello boliviano Pomerape.
È la terza notte che siamo sopra i 4500 m s.l.m. e facciamo fatica a dormire per la scarsità di ossigeno, di giorno il corpo si sa adattare con respiri più profondi e frequenti, non così di notte.

Arriviamo al Lago Chungarà (4517 m s.l.m.), uno dei più alti al mondo. Poco lontano, il valico doganale con la Bolivia che fa segnare un passaggio di circa 500 camion al giorno, generato anche per la qualità della strada che, pur essendo sinuosa e con un numero elevato d’incidenti, vanta una bella pavimentazione asfaltata.
Il lago Chungarà è ricco di avifauna, la Gaviota andina, uccello di color bianco con una mascherina nera, sembra apprezzare la nostra presenza. In inverno, quando il paesaggio s’imbianca, anche il suo piumaggio diventa quasi totalmente bianco.
Durante il nostro viaggio abbiamo visto spesso la magnifica Azorella Compacta; questo tipo di muschio rigido, originario delle Ande, vive tra i 3000 e 4500 metri di quota. Una volta veniva usato come combustibile e ora è una specie protetta.
Scendiamo al villaggio di Parinacota formato da un gruppuscolo di case, molte delle quali sembrano disabitate. Anche qui non manca la bella chiesetta tipica del XVII secolo.
Visitiamo Putre, cittadina che conserva ancora qua e là le testimonianze degli stabili dell’era coloniale che, seppur restaurati, hanno saputo mantenere delle parti antiche.
Continuiamo il viaggio fermandoci al Pukarà de Capoquilla dove ci sono i resti di una fortezza del XII secolo, costruita allo scopo di proteggere le fattorie del fondovalle.
Non manchiamo una fermata alla celebre Pousada Pueblo Taki per comperare due pagnottine e bere una buona tisana di coca e rica rica. Alexis, il proprietario, ci riceve e ci racconta i punti salienti della sua vita. Personaggio molto interessante che con la moglie (medico), hanno allevato e istruito a casa i loro quattro figli.
Scendiamo verso valle fino a raggiungere l’ashram Eco-Truly degli Hari Krishna dove ci fermiamo per consumare un pasto strettamente vegetariano, molto apprezzato e abbondante.

Sul fondovalle visitiamo il Santuario del Colibrì, un’oasi di pace dove ci si sente veramente immersi nella flora e nella fauna. In seguito, tappa d’obbligo al museo archeologico San Miguel in Valle de Azapa dove sono custodite alcune delle mummie più vecchie del mondo, quelle dei Chinchorro: si presume che risalgono dal 7000 a.C. fino all’invasione spagnola. Marca la sua presenza anche un imponente torchio per le olive, datato del XVIII secolo, che testimonia l’importanza della zona per la produzione dell’olio d’oliva. In effetti, nei dintorni ci sono molti alberi secolari.
Raggiungiamo Arica, l’ultima città prima del confine con il Perù, altrettanto nota per la sua offerta balneare. In città è palpabile l’allerta agli atti di vandalismo correlati alle manifestazioni: molti negozi hanno blindato le aperture per evitare che i manifestanti potessero saccheggiare le merci e dar fuoco agli stabili.
Nel centro di Arica spiccano lo stabile della vecchia dogana e la cattedrale San Marcos, entrambi progettati e prefabbricati in ghisa negli stabilimenti di Parigi dal celebre ingegnere Alexandre Gustave Eiffel, prima che diventasse famoso per la torre parigina. I prefabbricati furono trasportati via nave e assemblati in loco, la chiesa attorno al 1870 e la dogana nel 1874. Il famoso museo de Sitio Colon 10 è chiuso poiché sono in atto ulteriori scavi per la ricerca delle mummie Chinchorro.
Il Morro di Arica sovrasta la città con i suoi 110 metri di altura. Nel 1880, durante la guerra del Pacifico, questo imponente promontorio fu teatro di una battaglia decisiva che vide l’esercito cileno sottrarre il controllo della città ai peruviani. La sua sommità ospita il “Museo Historico y de Armas” dove sono ripercorse le varie fasi della guerra.
Ci sistemiamo con il nostro Nimbus sulla spiaggia e abbiamo l’occasione di conoscere Vanessa e Adriano, una simpatica coppia ginevrina che ha iniziato il viaggio in Colombia e si stanno dirigendo verso il sud; come al solito ci scambiamo le preziose informazioni di viaggio.
Prima di lasciare il Cile passiamo a vedere i Geoglifi di Lluta risalenti al periodo precolombiano.

Nell’ultimo anno abbiamo passato in Cile 140 giorni e percorso poco più di 10’000 chilometri. Sono tanti? Sono pochi? Il paese, stretto e lungo misura km 4’300 e passa dai ghiacciai dell’estremo sud al deserto più arido del mondo e in mezzo una grande varietà di paesaggi e culture.
È con questo spirito di pienezza che raggiungiamo il valico doganale con il Perú di Santa Rosa.