Ecuador 2020

Dal 31 gennaio al 22 febbraio 2020 km 1’411

Huaquillas Frontiera Perù/Ecuador – Girón – Cuenca – Parque Nacional Cajas – Azogues – Colta – Calpi – Parque Nacional Chimborazo – Tigua – Laguna di Quilotoa – Parque Nacional Cotopaxi – El Vallecido – Quito – Mitad del Mundo – Otavalo – Parque Nacional Cotacachi – Laguna Cuicocha – Cotacachi – Ibarra – Laguna Yahuarcocha – Rumichaca Frontiera Ecuador/Colombia

Lasciamo il campeggio in direzione della frontiera, dopo un’ora e mezzo siamo in dogana. Al controllo passaporti per l’uscita dal Perù dicono che c’è un problema e ci fanno aspettare parecchio. Nel 1998, durante il nostro primo ingresso nel paese, hanno aggiunto il cognome della mamma di Renato nel loro sistema informatico che sul passaporto evidentemente non figura. Ci dicono che quando ritorniamo in Perù dobbiamo recarci ad un ufficio migrazione per fare la modifica del cambio nome. Alla dogana ecuadoregna, visto che c’è molta coda, per velocizzare le pratiche mettono la moto assieme al Nimbus: e pensare che altri viaggiatori sono stati rimandati indietro perché non potevano entrare con due veicoli allo stesso nome (!!!?); e noi, per lo stesso motivo, abbiamo aspettato che arrivasse da Camorino la nuova licenza di circolazione della moto a nome di Gloria. Tutte le pratiche sono durate un paio d’ore.
È incredibile come, appena varcato il confine, si passa da un ambiente desertico ad una strada che si srotola in mezzo ad una vegetazione tropicale, molto verdeggiante.

Imbocchiamo la E59, questo tratto di strada un po’ sconnesso attraversa il paese longitudinalmente e si snoda sulla sua catena montagnosa. In una bancarella acquistiamo un po’ di frutta, alcune qualità a noi sono sconosciute. Purtroppo, il cielo è coperto e in questa regione è già iniziata la stagione delle piogge. A Girón ci fermiamo a guardare un piccolissimo museo all’interno di un’area di servizio in cui vi sono esposte delle vecchie pompe di benzina. Il WiFi attira i giovani della zona!
Arriviamo a Cuenca che si trova a 2500 m d’altitudine ed è circondata da splendide colline. Con i suoi 600’000 abitanti è la seconda città dell’Ecuador ma vanta di essere la capitale della cultura. Quito è la capitale politica e Guayaquil quella dell’economia. Ci dirigiamo al Campus universitario Paraiso dove possiamo sistemarci per qualche giorno al bordo del parco e vicino al fiume. Il mattino seguente ci incamminiamo verso il centro storico. Siamo stupefatti dallo standard di vita più alto dell’Ecuador rispetto alle altre nazioni dell’America latina da noi visitate sino ad ora. Sembra che anche i meno abbienti abitino in case più dignitose e la ricchezza sia meglio distribuita. Cuenca, dichiarata dall’UNESCO nel 1999 Patrimonio dell’Umanità, nel suo centro storico offre al turista una moltitudine di costruzioni coloniali mantenute in buono stato. Il Parque Abdón Calderón è il centro della città e lì prendiamo il bus turistico che in 90’ fa il giro della città. Di seguito visitiamo il museo Archeologico Pumapungo: un museo moderno in cui sono esposte diverse maquette in scala ridotta di com’erano organizzate le diverse tribù che hanno popolato queste terre già dal 12000 a.C. Personaggi e capanne sono invece in scala reale mostrati con vasi e ritrovamenti delle culture precolombiane. Purtroppo, al suo interno non si possono scattare fotografie. Visitiamo il bellissimo palazzo di giustizia che ha una magnifica corte interna ed è costruito con la stessa pietra della vicina Cattedrale. A grandi linee, il concetto ricorda il palazzo del municipio di Bellinzona. La ottocentesca Cattedrale della Immacolata Concezione si affaccia alla piazza centrale (Parque Calderòn) ed è la più grande dell’America Latina. Attraversiamo la bella Plaza de San Francisco dove c’è la scritta “Cuenca” e al mercato proviamo le pietanze tipiche (Bolone, Humita e Tamale) spendendo la modica cifra di 1,50 dollari. Tutte le bancarelle sono ben ordinate e pulite. Visitiamo il famoso Museo del Sombrero de Paja Toquilla, dove trova spazio anche la piccola fabbrica di produzione artigianale. Il classico cappello di Panama, di Panama non è! Infatti, è prodotto in Ecuador ma siccome erano imbarcati per l’esportazione a Panama ed erano di uso comune degli operai che lavoravano allo scavo del canale omonimo, hanno preso questo nome. In effetti, sono dei Montecristi, così si chiama la città dove nei dintorni ci sono le piantagioni della materia prima, la paja toquilla! Essa si ricava dalla Palma toquilla (Carludovica palmata), che cresce nell’arido entroterra della costa centrale ecuadoregna. Alcuni paesi hanno cercato di coltivarla nelle loro terre ma senza raggiungere la qualità delle foglie prodotte in Ecuador. La prima fase è la raccolta dei bocci prima che le foglie si aprano, di seguito sono trasportate nei villaggi costieri per essere lavorate. Il processo inizia con la battitura dei bocci che vengono aperti a mano per selezionare le foglie adatte: lunghe, sottili, piatte e di color crema. Poi vengono fatte bollire per venti minuti e appese ad asciugare per tre giorni. Quelle più scure sono sbiancate con lo zolfo. Asciugandosi, le foglie si arrotolano formando dei fili. La paglia così ottenuta è venduta in gran parte ai produttori di cappelli della regione di Cuenca e una parte è esportata, specialmente in Asia.

 

Lasciamo Cuenca e saliamo una trentina di chilometri per la valle che porta al settore Toreadora del Parco Nazionale Cajas (3960 m s.l.m). Il sentiero che contorna la laguna offre dei bellissimi scorci. Sul cammino più lungo siamo ammagliati dalla bellezza del bosco di Quinua; queste piante hanno un tronco a volte attorcigliato ma sempre con una bella corteccia di un marrone vivace. Purtroppo, la regione, almeno in questo periodo, è avara di soleggiamento. Sulla strada del ritorno non ci sfugge il caseificio di montagna.
Riprendiamo la E35 e facciamo tappa nella tranquilla cittadina di Azogues che gode di un clima simile tutto l’anno. Qui possiamo apprezzare ancora alcune costruzioni in adobe. Continuando verso nord, dopo pochi chilometri incontriamo dei grossi banchi di nebbia e la strada è un susseguirsi di sali scendi, La zona abbonda di pioggerellina e i prati sono di un verde intenso. La conformazione del terreno ricorda il Giura bernese o le colline vodesi. Il casco di banane che abbiamo comperato per Fr. -.50 è giunto a maturazione e così facciamo la marmellata che rigenera le nostre scorte.
Ci fermiamo a Colta dove, con il Vulcano Chimborazo alle spalle, sorge La Balbanera: prima chiesa cattolica costruita nel 1534 in Ecuador. Pochi chilometri più avanti, la nostra attenzione è attirata da un’imponente chiesa e perciò è d’obbligo una breve fermata. Siamo a Calpi, dove la piazzetta brulica di ragazzini, nessuno dei quali con il telefonino in mano.

Entriamo nel Parque Nacional Chimborazo e ci inerpichiamo sulle pendici dell’omonimo vulcano che con i suoi 6310 m s.l.m. è la montagna più alta dell’Ecuador e la cima più lontana dal centro della terra. Siccome il nostro pianeta è più rigonfio all’equatore e schiacciato sui poli, il Chimborazo vanta d’essere più vicino al cielo dell’Everest. Con il Nimbus raggiungiamo il rifugio Carrel a 4850 m e da qui ci incamminiamo sul circuito che ci porta al rifugio Whymper. Saliamo di altri 50 m di quota e raggiungiamo, a 5100 m la Laguna Condor Choca. Il vulcano purtroppo è avvolto dalla nebbia ma comunque la passeggiata è bella e la laguna con il suo colore rossastro è particolare. Camminare a queste altezze ti fa mancare il fiato però a passeggiata conclusa ci rendiamo conto che le gambe non sono stanche (logico, visto che il percorso totale è di soli m 2100). Riprendiamo il Nimbus e proseguiamo sulla strada ricca di magnifici scorci panoramici. Vediamo delle persone al lavoro con un mucchio di merce di un colore arancione vivace, sono carote. Per pochi soldi comperiamo verdura freschissima. Ci fermiamo alle porte del villaggio di Tigua per due motivi: pioggia e nebbia non ci fanno godere appieno della bellezza di questa strada e questo paesello è famoso per le gallerie d’arte degli artisti locali. Il giorno seguente visitiamo una galleria d’arte, ammiriamo dei bei dipinti ma siccome sono pitturati su pelle di pecora non ne acquistiamo.
Percorriamo la ventina di chilometri restanti per raggiungere la Laguna di Quilotoa situata a 3900 m di altitudine. La vista sul cratere dove si è formata una grande laguna è presto compromessa dalla nebbia che sale e quindi gironzoliamo nel villaggio, molto turistico ma con le costruzioni originali e ben fatte è molto accogliente. La mattina seguente facciamo la bella passeggiata sull’orlo del cratere fino a raggiungere il moderno Mirador de Crystal Shalala.

 

Ci rimettiamo in viaggio e continuiamo sulla strada secondaria e tortuosa che passa attraverso Sigchos e raggiungiamo il Parque Nacional Cotopaxi. Il posto è molto bello e la meteo ci regala una magnifica vista sul vulcano attivo Cotopaxi. Al mattino seguente la sveglia suona all’alba: vogliamo raggiungere il parcheggio situato a 4580 m s.l.m., il Nimbus non ha alcuna difficoltà ad arrampicarsi sulla ripida e sconnessa strada. Ci sono due sentieri che portano al “Refugio José Rivas” con un dislivello di 300 m: il primo, lungo 1.5 km sale dolcemente a zig-zag, il secondo di 760 m chiamato “Sendero Rompe Corazones” sale ripido e diritto. Scegliamo il secondo in quanto rimane più riparato dal vento. Durante la salita vediamo alcune vigogne, il sole si alterna alla nebbia ma arrivati al rifugio ci lascia un attimo di tempo per ammirare la cima del vulcano. Scendiamo e ci fermiamo alla Laguna de Limpiopungo dove a piedi percorriamo il suo perimetro.
Lasciamo il Parco Nazionale Cotopaxi attraverso l’uscita nord. Seguiamo una strada in cattive condizioni, prima sterrata e poi di pietra, fino ad arrivare a El Vallecido. A passo sostenuto ci avviamo lungo un bellissimo sentiero che attraversa più volte il fiume. Passiamo diverse cascate e pozze d’acqua e dopo un po’ meno di quattro chilometri raggiungiamo la maestosa cascata Condor Machay. La zona è ricca di avifauna e vediamo perfino un condor.

Lasciamo la bella sosta e percorriamo la strada di pietra ancora per una decina di chilometri prima di guadagnare l’asfalto. Nella periferia di Quito passiamo davanti ad una ditta che ricicla la plastica, a comprova che questo paese ha una marcia in più. Notiamo però che anche qui sono poche le strade laterali asfaltate. Il traffico è intenso, ma non vi è l’aggressività di Lima. A Quito abbiamo appuntamento con il Sig. Barra della ditta Durallanta per assicurarci che sia possibile, al nostro ritorno, rigommare gli pneumatici. Abbiamo preso questa decisione in quanto in Sudamerica le nostre gomme sono introvabili. Molto gentilmente ci mostra i diversi profili, scegliamo il più adatto al fuoristrada e ci comunica che ci vorranno tre giorni di lavoro. Ci spostiamo al garage Dina, concessionario MAN, per verificare se hanno in magazzino i ricambi per un servizio al Nimbus. Ci dicono che i filtri sono uguali ai modelli importati in Ecuador per cui possiamo stare tranquilli. Anche il servizio lo faremo tra un paio di mesi quando saremo nuovamente a Quito. Da diversi mesi il drone fa le bizze, non trasmette più l’immagine di quanto sta inquadrando, e approfittiamo d’essere in città per farlo riparare. Il difetto è conosciuto: la schedina si è fulminata e non ci sono più i ricambi, in conclusione è da buttare!
A Quito abbiamo l’enorme piacere d’incontrare i nostri amici Gaby e Walter, venuti dal Ticino e con loro passeremo un paio di giorni. San Valentino è anche la festa dell’amicizia, e l’occasione che aspettavamo per stappare l’ottima bottiglia Riomistico di Mauro Von Sibenthal, locarnese trasferitosi in Cile. Dopodiché andiamo a cena a La Pradera: un capannone che ospita parecchie tendine in cui vendono prelibatezze tipiche del paese; sembra di essere alla Rotonda di Locarno durante il festival del film.
L’uscita da Quito è piuttosto rocambolesca: imbocchiamo una strada con una corsia molto stretta che prosegue all’interno di una lunga galleria, all’uscita c’è un casello, l’impiegato ci guarda con aria stupita e ci chiede come abbiamo fatto a passare! Veniamo a sapere che il transito è consentito solo ai veicoli leggeri…?!
Raggiungiamo il complesso Mitad del Mundo, un’area allestita esattamente sull’equatore che offre diversi interessanti padiglioni scientifici e numerosi negozi di prodotti artigianali. In seguito, visitiamo il museo Solar Inti Ñan, un interessante esposizione all’aperto dedicata alla geografia astronomica e ai fenomeni generati dai due emisferi (quest’ultimi comprovati con delle simpatiche prove pratiche).
Ci rimettiamo in viaggio e raggiungiamo Otavalo dove facciamo ancora in tempo a vivere il rinomato mercato del sabato. In occasione dell’inizio del campionato di calcio è stata organizzata una sfilata. La piazza di Otavalo è gremita di gente vestita a festa.

Lasciamo Otavalo e ci dirigiamo alla Parque Nacionale Cotacachi dove, in un vecchio cratere vulcanico a 3100 m s.l.m., si è formata la Laguna Cuicocha. Dallo specchio d’acqua emergono due isole che sembrano il dorso di due Cui (porcellini d’india). Percorriamo parte del bel sentiero che contorna la cresta del cratere ma non abbiamo né tempo né voglia di fare tutto il giro di 14 km. Incontriamo una famiglia vestita con abiti tradizionali, ci dicono d’indossarli tutti i giorni, anche per andare a scuola.
Ritorniamo sui nostri passi per fermarci nella bella cittadina di Cotacachi che è stata proclamata nel 2002 Città della Pace dall’UNESCO. Per cena gustiamo una buona fondue che Gaby e Walter hanno portato dalla Svizzera.
Con dispiacere salutiamo i nostri amici che tornano a Quito per proseguire il loro viaggio verso sud alla scoperta dell’Ecuador. Noi andiamo in direzione opposta e ci fermiamo a Ibarra.
Denominata la città bianca per i suoi innumerevoli edifici in stile coloniale imbiancati e finemente decorati, Ibarra ha delle belle piazze contornate da altissime palme e le chiese in stile barocco conferiscono alla città un aspetto elegante e raffinato. Particolarmente interessante la bella Iglesia de la Merced e il centro culturale.
Ultima tappa in Ecuador la Laguna Yahuarcocha, che sorge vicino ad un autodromo. Ci sistemiamo nel campeggio Finca Sommerwind gestito dal tedesco Hans dove veniamo accolti da un nugolo di zanzare. La zona è comunque bella e ricca di avifauna.
Attraversiamo stupende vallate e arriviamo alla frontiera di Rumichaca, non prima però di aver fatto il pieno di carburante. Infatti, in Ecuador, il diesel costa Fr. 0.28/litro.
Anche qui sono presenti l’UNICEF e la Croce Rossa per assistere i profughi venezuelani. Approfittiamo della loro organizzazione per lasciare un po’ di vestiti.
Le pratiche di uscita dell’Ecuador sono veloci, mentre quelle per l’entrata in Colombia hanno richiesto più tempo in quanto mancava il funzionario addetto al rilascio del permesso temporaneo d’importazione dei veicoli. Dopo due ore, siamo in Colombia!